Ben venga il "New Deal" di Oliverio
Dopo la proclamazione del nuovo presidente della Regione e dei nuovi consiglieri, la speranza che cominci una nuova e fruttuosa fase amministrativa e politica diventa concreta. L’onorevole Mario…
Dopo la proclamazione del nuovo presidente della Regione e dei nuovi consiglieri, la speranza che cominci una nuova e fruttuosa fase amministrativa e politica diventa concreta. L’onorevole Mario Oliverio non ha aspettato con le mani in mano il momento delle prime decisioni importanti da assumere, a cominciare dalla individuazione dei nuovi assessori, in merito alla cui nomina ha ribadito a ragione – a mio giudizio – che occorre procedere prima a una rivisitazione dello Statuto regionale anche per superare “l’impugnativa” del governo centrale.
La dichiarazione recente del presidente di «Non avere nessun assillo, quando sarò nelle condizioni di aver rimosso ogni vincolo, allora darò vita a una giunta che sceglierò io», è in linea con quanto affermato nella prima conferenza-stampa da governatore: «Una sola legislatura e vado via». Coerentemente con tali propositi, nel corso della campagna elettorale, aveva più volte evidenziato: “Faremo questo perché abbiamo le mani libere e non siamo assillati o condizionati dalla costruzione della nostra carriera politico-istituzionale; questa è la più grande garanzia che rispetteremo le cose che diciamo, e manterremo gli impegni che assumiamo».
Tra gli elementi positivi d’inizio mandato, sono da sottolineare la decisione di assumere lo schema di bilancio per consentire l’esercizio provvisorio, e la predisposizione del bilancio 2015 agli inizi del nuovo anno in concidenza dell’avvio della nuova assemblea regionale, così come l’ipotesi di un bilancio unico della giunta e del consiglio «Nell’ottica della razionalizzazione e del recupero delle risorse».
Sarà anche dalla indicazione dei nomi degli assessori che si capirà la caratura che il presidente Oliverio vorrà attribuire alla sua giunta, e quanta volontà si riuscirà a mettere in campo per dimostrare la capacità di rinnovare nello stile e nelle funzioni operative il più importante organo esecutivo regionale. Certamente, la scelta cadrà su uomini e donne di prim’ordine, che abbiano competenza nei settori che dovranno trattare e che nessun “bilancino” di cencelliana memoria potrà condizionarne la composizione complessiva e operativa.
Occorrono persone che sappiano infondere nei calabresi quel senso impalpabile di una gestione che affronta e risolve i problemi di tutti i giorni, dal lavoro alla sanità, dalla sistemazione idrogeologica al turismo, ai rifiuti, ai Fondi europei da considerare come effettivi “potenziali produttivi” per una terra di enormi, vecchi bisogni e di nuove, drammatiche emergenze.
Come è sempre successo, sono gli uomini che “fanno” le Istituzioni, per cui la rappresentatività è connessa alla storia umana e culturale di ciascuno. Non è detto che la rappresentatività si trovi solo fra coloro i quali sono emigrati, figli di operai, contadini, camionisti, come ha voluto sostenere il magistrato Nicola Gratteri (Procuratore aggiunto a Reggio Calabria). Si tratta di un’indicazione senza dubbio significativa e autorevole, ma in Calabria, ora, c’è soprattutto l’urgenza di una serenità sociale, di impegno civile, affinchè quello che fino ad ora non è stato diventi finalmente una troppo attesa rinascita.
Mentre faccio queste considerazioni, si svolgono i giorni che vanno al Natale, ”quando si divise e si rinnovò la Storia”. Quella promessa non si cancella, e per quelli della mia generazione, il Natale “continua a evocare presepi comunque sontuosi per i velluti del muschio trafugato al gelo dei nostri boschi”. Io non so – per come ha scritto recentemente il docente Unical Ettore Jorio – se, nel nuovo anno, si verificherà il governatorato della svolta per trasformare la “Calabria da brutto anatroccolo, nato e cresciuto nelle passate legislature, in un cigno bellissimo” , ma so che occorre, in maniera improcrastinabile, un cambiamento deciso e radicale che consenta, per come ha affermato il presidente Oliverio: «Un recupero etico della funzione pubblica», per costruire una «Regione amica, solidale, vicina a quanti soffrono e vivono emarginazione, povertà e precarietà».
L’orizzonte da costruire e realizzare è infatti costituito «Da un sistema pubblico p privato che disegni modelli che non scindono ma legano tutele, valorizzazioni e innovazioni, in grado di fronteggiare l’attuale, critica fase storica attraversata dal Paese e dalla Calabria in particolare dove c’è bisogno di più coesione e inclusione sociale».
In Calabria occorre, oggi più di ieri, una “rigenerazione” della politica, per un rinnovamento della pubblica amministrazione così da porla al servizio del cittadino, nella logica del “bene comune”, non considerando la politica uno strumento per consumare una contesa di potere, ma come funzione di servizio per la tutela degli interessi generali e non particolari.
Il grande sonno della nostra Regione deve terminare e può terminare soltanto nella misura in cui si riuscirà a invertire una tendenza negativa.
I dati del recente rapporto Svimez, evidenziano una crisi profonda, un diffuso malessere sociale. È necessario un grande sforzo operativo per rimodulare una nuova agenda applicativa dei Fondi europei, così da promuovere un disegno complessivo di sviluppo regionale, dal Pollino all’Aspromonte, dalla Sila alle Serre, dalla costiera Ionica a quella Tirrenica.
È fondamentale ridare e fare rinascere la speranza per venire incontro alle esigenze dei tanti giovani che non hanno ancora la dignità di un lavoro, di quei cittadini che spesso sperimentano le incongruenze dell’apparato regionale, delle fasce deboli ed emarginate che hanno bisogno di essere tutelate in una visione solidaristica e non di mero assistenzialismo, degli imprenditori seri e operosi che si impegnano in progetti concretamente produttivi anche sotto il profilo della promozione occupazionale.
L’onorevole Soriero, consigliere Svimez, recentemente ha affermato, mutuando un suggestivo titolo cinematografico del grande Massimo Troisi: «La Calabria può ricominciare da tre, ovvero: tre Porti, in primis quello di Gioia Tauro, la nostra porta sul Mediterraneo, tre Università, tre aereoporti, tre aarchi». Alla nostra regione per costruire l’avvenire non servono operatori politici superficiali, né tattici raffinati e magari cinici, ma persone aperte, semplici, in grado di trasformare il passato, a volte deludente e negativo, in energia positiva per il quotidiano, per il “governo delle prossimità”, per disegnare un futuro diverso e migliore.