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La Regione non è la Provincia

Un mio professore, gesuita, licenziando la classe a conclusione dell’ultima lezione del ginnasio ci lasciava un importante insegnamento. «Sapete perché – ci diceva – i migliori ingegneri vengono fuor…

Pubblicato il: 12/01/2015 – 9:10
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La Regione non è la Provincia

Un mio professore, gesuita, licenziando la classe a conclusione dell’ultima lezione del ginnasio ci lasciava un importante insegnamento. «Sapete perché – ci diceva – i migliori ingegneri vengono fuori (fatte le dovute eccezioni) da chi ha frequentato il liceo classico?». Tutti noi, nonostante l’impegno nel ricercare la soluzione ed ivi proporla, facevamo delle pessime figure rintracciando teoremi che non stavano in piedi. Lui, con la sobria intelligenza che lo caratterizzava, ci rispondeva: «Chi viene fuori dal liceo scientifico, forte dell’impegno profuso nell’apprendere la matematica, capitalizzata con lo studio del magnifico testo dello Zwirner, ha un approccio universitario sbagliato». «Presume, allorquando inizia a lavorare sui testi universitari, di aver già studiato quanto in esso rappresentato, evitando così di approfondire, di contro, la materia così come lo studio accademico pretenderebbe». «Coloro i quali provengono dal liceo classico, forti della loro ignoranza in materia, assumono un diverso atteggiamento, seguendo attentamente le lezioni e approfondendo le conoscenze». Più che la guida per diventare dei bravi ingegneri, mons. Chiodo (stupendo professore di italiano) ci consegnava la solita lezione di vita.  Attraverso l’esempio, ci insegnava che ogni fase conoscitiva, ogni nuovo approccio va preso con la necessaria umiltà e con la consapevolezza del nuovo, delle difficoltà che si incontrano nel fare. 

Insomma, l’università è altra cosa rispetto al liceo! È deputata alla formazione delle categorie professionali in senso lato, in quanto tali latrici delle conoscenze indispensabili per la ricerca e per la sua diffusa applicazione. L’errore di confondere una cosa per un’altra – meglio, di sottovalutare le nuove esperienze ritenendo di viverle e condurle bene esclusivamente in forza delle conoscenze fatte proprie in quelle precedenti – è molto frequente nell’esercizio delle cariche che la politica attribuisce.

Il rischio c.d. dello “Zwirner” sembra essere oggi più che mai attuale in Calabria. Pare, infatti, che il governatore eletto, forte dei buoni risultati fatti propri nell’ultimo decennio di presidenza della amministrazione provinciale, voglia riproporre nella gestione della Regione il modello, gli uomini e le donne utilizzati, a diverso titolo, nella precedente esperienza. Ciò senza tenere nel dovuto conto la diversità dell’impegno istituzionale relativo: limitatamente amministrativo e riguardante funzioni ristrettissime che caratterizzavano e caratterizzano la prima (tanto da prevederne la soppressione); vastità di compiti e di problemi, rispettivamente, da assolvere e risolvere nella seconda. Primi fra tutti quelli di programmare e legiferare, oltre che procedere con puntualità ad attendere ai compiti amministrativi da delegare quanto più possibile ai Comuni. Supporre di garantire una corretta gestione delle problematiche regionali e la necessaria puntualità degli adempimenti relativi limitandosi a trasferire l’intellighentia e la mano d’opera resasi efficiente in un ente locale costituirebbe un grave errore di ipotesi, una mera illusione. 

La capacità del presidente Oliverio deve essere spesa per generare il nuovo e impedire ai responsabili del disastro la continuazione dell’intervento demolitorio, a cominciare dal bilancio, pieno zeppo di marachelle da dovere riparare.

Si badi bene, a non sottovalutare e confondere ciò che presuntivamente si sa con quello che si dovrebbe sapere.

Insomma, la Regione è difficile da governare. E’ cosa diversa dalla Provincia! Per affrontare e risolvere i suoi problemi di sempre e quelli che verranno non occorrono i legionari bensì le migliori “legioni” tecnico-professionali e burocratiche. Non solo. Bisogna favorire il governo democratico, marcatamente pluralista, intendendo per tale quello esercitato con l’ausilio dei ceti destinatari dei suoi interventi, soprattutto programmatici ma anche legislativi. Appuntamenti difficili già per loro conto, attese le sensibili correzioni da effettuare, anche perché protesi ad iniziare quel processo di integrazione comunitaria mai iniziato, nonostante i costi “turistici” e le costose delegazioni utili a giustificare weekend a Bruxelles.

Dunque, una corretta analisi dei bisogni di governo e burocratici alla base della riorganizzazione dei dipartimenti. A nulla vale la loro diminuzione fine a se stessa ovvero per compensare la riduzione degli assessorati. La loro previsione numerica, senza con questo difendere l’attuale individuazione e la promozione libera al rango di dipartimento di ciò che non lo sono, deve essere esclusivamente organica al soddisfacimento delle nuove esigenze. Quelle dettate dai programmi da realizzare, tenendo conto delle novità introdotte dalla novellata Costituzione in termini equilibrio economico della Repubblica, nonché di quelle che saranno di qui a poco insediate nella Carta.

Un altro problema, che richiede il massimo della prudenza e della capacità selettiva, è la individuazione dei direttori generali. Sceglierli è davvero difficile. Da curare certamente quello afferente alla presidenza, ben assistita dall’esperienza del nominato capo Gabinetto, e quello al Bilancio e alla programmazione. Quest’ultimo funzionale per riportare la Calabria dei conti nella massima trasparenza possibile e nell’assoluta legalità, smentendo nell’immediato futuro le gravi critiche mosse recentemente dalla Corte dei conti (delibera n. 45/2014). Sul tema, un dibattito pubblico non sarebbe male!

*Docente Unical

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