Omicidio Belakhdar, Oliva condannato a 23 anni
REGGIO CALABRIA Anche per la Corte d’Assise d’Appello di Reggio Calabria è Attilio Oliva il responsabile della morte di Nezha Belakhdar, la donna di origine marocchina uccisa il 10 marzo 2013 nel cor…

REGGIO CALABRIA Anche per la Corte d’Assise d’Appello di Reggio Calabria è Attilio Oliva il responsabile della morte di Nezha Belakhdar, la donna di origine marocchina uccisa il 10 marzo 2013 nel corso di una furibonda lite avvenuta al rione Marconi. Per lui, la Corte presieduta dal giudice Bruno Finocchiaro ha disposto una pena di 23 anni di reclusione e 500 euro di ammenda, aumentando di sei mesi la condanna inflitta all’uomo in primo grado. Arriva invece semplicemente una conferma della sentenza di primo grado per la zia di Oliva, Bruna Navella, nel processo con rito ordinario accusata solo del reato di rissa e per questo condannata a 3 anni e 9 mesi di carcere. Imputata anche per l’omicidio, la donna – difesa dall’avvocato Vincenzina Leone – era stata condannata a 20 anni in primo grado, ma assolta su richiesta della stessa procura generale in appello. Si conclude dunque con una sentenza che identifica nel solo Oliva il responsabile della morte della cinquantenne un procedimento complesso, tracimato in processi tesi durante i quali non sono mancati i momenti di tensione, se non di scontro, fra i familiari della vittima e quelli degli imputati. Un clima che è stato lo specchio fedele dell’astio e del rancore all’ombra del quale sarebbe maturato l’omicidio della cinquantenne, uccisa il 10 marzo 2013 nel corso di una furibonda lite con la Navella e il nipote. All’origine dello scontro ci sarebbe stato l’incendio di alcuni vecchi mobili, dati alle fiamme nella strada in cui entrambe le donne abitavano. I rapporti fra loro – confermeranno i vicini nel corso dell’istruttoria – erano tutto meno che idilliaci. Le liti, all’ordine del giorno. Anche la notte del 10 marzo, quando la Navella, accompagnata dal nipote Oliva, affronta la Belakhdar, volano parole grosse e insulti. Poi spunta un coltello, che – hanno testimoniato in aula i carabinieri del Nucleo radiomobile – scivolerà dalle mani di Oliva quando verrà allontanato dagli agenti intervenuti per sedare la rissa. Stando alla ricostruzione emersa in dibattimento, sarebbe stato proprio Attilio Oliva, difeso dagli avvocati Michele Priolo, a sferrare le coltellate letali, le prime due alla schiena e ai fianchi e la terza all’altezza del cuore.Un delitto per il quale Oliva non solo è stato condannato a una lunga pena detentiva ma anche all’interdizione perpetua dai pubblici uffici e al pagamento di un risarcimento pari a 2 mila e 100 euro per i figli della donna, e 2mila e 520 euro per il marito, Antonino D’Agostino.
Alessia Candito
a.candito@corrierecal.it