Con il 2015 cambierà musica, nel senso che modificherà il modo di essere della pubblica amministrazione. Il tutto all’insegna della trasparenza e certezza del bilancio della Repubblica da esibire a livello comunitario. Le Regioni, le Province, i Comuni, le aziende a totale o parziale partecipazione degli enti territoriali, le aziende speciali e gli enti/organismi strumentali saranno quindi tenuti alla verità contabile. Saranno obbligati – fatta eccezione per gli enti in sperimentazione che godono del differimento di un anno (2016) – a fare corrispondere i loro bilanci con le obbligazioni in essere, esclusivamente produttive di efficacia civilistica. Un modo, questo, per consentire – da una parte – ai decisori la conoscenza dello status quo reale dei rispettivi enti e la programmazione del loro risanamento e – dall’altra – alla collettività l’acquisizione della consapevolezza e delle notizie utili per esercitare il controllo democratico.
Dovranno, dunque, venire alla luce le bugie del passato, spesso strumentali a fare apparire “bellezze” contabili che non c’erano e, con questo, a fare emergere le responsabilità di quei dirigenti – spesso troppo accondiscendenti ai desiderata della politica che li ha via via nominati – che ne hanno favorito la permanenza, frequentemente indebita. Non solo. Per moltissimi di loro sarà difficile dimostrare la buona fede nell’avere ecceduto asetticamente nell’applicazione della perenzione amministrativa. Ciò in quanto risulterà palese l’avere agito al fine prioritario di disporre di un maggior avanzo libero d’amministrazione, definanziando così una parte considerevole di residui passivi, senza aver fatto quanto dovevano in termini di un preventivo accurato riaccertamento annuale degli stessi. Una colpevole “leggerezza” reiterata anche in riferimento ai corrispondenti residui attivi mantenuti in bilancio a prescindere dalla loro conclamata inesigibilità. Un inadempimento periodico grave che ha fatto apparire un benessere economico-patrimoniale inesistente, allo scopo di consentire alla politica di vantare pregi e risultati, rispettivamente, non posseduti e non conseguiti, indipendentemente dall’avere causato un grave danno pubblico, di specifico interesse della Corte dei conti.
Il cambio delle regole. Gli obblighi fissati dal decreto legislativo 118/2011, implementato dal decreto legislativo 126/204 e dalla legge di Stabilità per il 2015, sono tali e tanti da impensierire i soggetti istituzionali interessati ai relativi adempimenti. Si ha così modo di constatare un grande impegno, non affatto esente da preoccupazioni, da parte degli amministratori e delle rispettive burocrazie di Regioni ed enti locali nonché dei loro enti e organismi strumentali, per ossequiare con puntualità agli impegni loro prescritti. Un concetto di puntualità diverso da quello cui si è fatto riferimento nel passato, dal momento che essa va ricondotta non soltanto al rispetto delle scadenze, bensì alla qualità del prodotto amministrativo. Propedeutico a tutto è l’anzidetto corretto riaccertamento, da formalizzare entro e non oltre il prossimo 30 aprile, dei residui attivi e passivi, in modo da adeguarli soprattutto a veridicità ed efficacia giuridica, imprescindibile per garantire certezza e trasparenza tra quanto rendicontato nel 2014 e i saldi iniziali 2015, riguardanti rispettivamente i crediti e i debiti.
Insomma, diventa assolutamente importante che gli amministratori (le giunte municipali sono chiamate direttamente in causa pena lo scioglimento del Consiglio ex articolo 141 Tuel) e i dirigenti si impegnino a curare (con atti deliberativi giuntali e dovizia dei particolari) ciò che gli ebanisti siciliani denominavano “‘u ncuminciu” ovverosia l’avvio della placcatura di un mobile di pregio utile a fare sì che le vene del legno coincidessero dall’inizio alla fine. Ciò in quanto dagli esiti delle procedure potrebbe configurasi la compromissione dello stato di salute contabile degli enti, tale da richiedere cure particolari, finanche di tipo chirurgico. E ancora. In presenza di situazioni negative ma rimediabili, del tipo quelle indicate dai commi 13 e 14 del novellato articolo 3 del decreto legislativo 118/2011, occorrerebbe individuare le migliori soluzioni di breve e di lungo periodo, secondo quelle che saranno indicate dal D.p.c.m., cui il successivo comma 15 rimette le modalità e la scansione temporale di copertura dell’eventuale maggiore disavanzo al primo gennaio rispetto al risultato di amministrazione del 2014. Un atto amministrativo del presidente del Consiglio che dovrà, comunque, tenere conto dell’agevolazione introdotta che estende il limite per il ripiano da perfezionarsi nel massimo di trenta anni e in rate costanti. Su tali situazioni di disagio di bilancio e, principalmente, sulle soluzioni individuate ci saranno le sezioni regionali di controllo della Corte dei conti a vigilare in sede di verifica degli strumenti contabili e dei referti semestrali ovvero, per gli enti non tenuti a questi ultimi, dei bilanci annuali e dei controlli infrannuali dell’esecuzione dei piani di rientro per i Comuni e Province che hanno fatto ricorso al predissesto.
Dunque, giunte e consigli di amministrazioni, rispettivamente per gli enti territoriali e quelli strumentali, impegnati da subito a tutto gas a determinare il disavanzo derivante dalla sempre più verosimile gestione artata dei residui e a dare a esso soluzione. Al riguardo, occhio alle delibere di non facilissima formulazione, attesa l’importanza che riveste l’individuazione delle cause che consentono il mantenimento in bilancio dei residui, ancorché in presenza di motivazioni apparenti che ne giustificherebbero l’espulsione. Ciò perché da eventuali sottovalutazioni di diritto e libere interpretazioni delle cause nonché dalle cattive abitudini di assecondare il bisogno politico deriverebbero responsa- bilità contabili (e non solo) delle quali il magistrato cosiddetto erariale chiederà certamente conto.
Quanto alla Regione Calabria, è appena il caso di sottolineare che una tale procedura di riaccertamento dovrà essere eseguita con il massimo del rigore e dell’attenzione possibile, atteso che la stessa – pur essendosi dotata a suo tempo (investendo una somma plurimilionaria) di un buon sistema informativo integrato – sembra avere adottato, tra l’altro, in fase di determinazione del primitivo master plan, la soluzione contabile prevista per gli enti locali che, come ben si sa, poco “c’azzecca” con quella delle Regioni. Un errore di ipotesi che fa legittimamente alimentare forti dubbi sul piano della certezza e della completezza dei bilanci. Un timore accentuato dalla mancata applicazione delle già nuove regole contabili contenute nella legge delega numero 196/2009 e nella sua legislazione attuativa, tanto da non fare rinvenire, in tal senso, alcun provvedimento legislativo di sostanziale modifica e integrazione della legge regionale n. 8/2002, fatta eccezione per qualche regoletta utile a consentire “una navigazione a vista” nell’impiego dei residui mandati in perenzione per incrementare l’avanzo alla bisogna.
Insomma, in Regione ci sarà un bel da farsi. Sarà ivi vissuta una motivata preoccupazione nel dovere rappresentare ai calabresi una qualche dolorosa verità.
*Docente Unical
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