"Rifiuti bis", tutti assolti
REGGIO CALABRIA Non passa il vaglio del processo di secondo grado lo stralcio del procedimento “Rifiuti” per il quale la Cassazione ha ordinato un nuovo giudizio. La Corte d’appello reggina ha infatt…

REGGIO CALABRIA Non passa il vaglio del processo di secondo grado lo stralcio del procedimento “Rifiuti” per il quale la Cassazione ha ordinato un nuovo giudizio. La Corte d’appello reggina ha infatti assolto Giuseppe Alampi dal reato di associazione mafiosa per non aver commesso il fatto, mentre per Giorgio Calarco, Andrea Maria Saraceno, Nicola Malara ha disposto l’assoluzione perché i fatti loro contestati non sussistono. Ma a carico dei tre, come di Carmelo Sergi, cade anche il reato di inadempimento di contratti di pubbliche forniture loro contestato, per sopraggiunta prescrizione. In precedenza tutti quanti erano stati condannati a pene variabili dai 4 anni e 8 mesi inflitti a Giuseppe Alampi, ai sei anni e dieci mesi di carcere disposti per Nicola Malara e Andrea Saraceno. Qualche mese in meno di condanna aveva rimediato Giorgio Calarco, punito con 6 anni e 2 mesi, mentre per Carmelo Sergi la Corte d’appello aveva in precedenza stabilito una pena di 5 anni e 2 mesi. Tutte statuizioni rispedite al mittente dalla Cassazione, che pur confermando le condanne a carico dei principali imputati – Matteo Alampi (10 anni), Valentino Alampi (4 anni e 6 mesi), Matteo Siclari (4 anni e 6 mesi), Paolo Siclari (4 anni e 8 mesi) e Francesco Siclari (6 anni) – aveva accolto le istanze difensive degli alcuni imputati, ordinando un nuovo processo d’appello.
Prima maxinchiesta sulle infiltrazioni mafiose nel sistema rifiuti, l’indagine ha svelato l’interesse del clan Libri per la gestione dei servizi di smaltimento in città e nella provincia, nei primi anni 2000 affidati alla costola degli Alampi. Famiglia di ndrangheta connotata da un basso profilo sul piano squisitamente criminale, ma storicamente gravita nella “zona grigia”, dunque in grado di pervasiva ed efficace a infiltrazione nel tessuto imprenditoriale reggino, agli Alampi era stata delegata la fattiva gestione degli appalti che il clan attraverso imprese e consorzi aveva collezionato. Una novità investigativa assoluta all’epoca. Per la prima volta, l’inchiesta “Rfiuti spa” ha dimostrato l’ingresso diretto delle ‘ndrine nel settore degli appalti pubblici non attraverso le estorsioni, ma tramite proprie aziende e imprese risultate vincitrici di pubbliche gare.
Alessia Candito
a.candito@corrierecal.it