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Reggio, torna in carcere Carmine De Stefano

REGGIO CALABRIA Di nuovo in carcere il boss Carmine De Stefano. Il figlio di “don Paolino” ed esponente di primissimo piano della omonima cosca di ‘ndrangheta, è stato arrestato oggi dagli age…

Pubblicato il: 26/02/2015 – 10:29
Reggio, torna in carcere Carmine De Stefano

REGGIO CALABRIA Di nuovo in carcere il boss Carmine De Stefano. Il figlio di “don Paolino” ed esponente di primissimo piano della omonima cosca di ‘ndrangheta, è stato arrestato oggi dagli agenti della Squadra mobile reggina diretta da Francesco Rattà e dal suo vice Fabio Catalano, che hanno eseguito un provvedimento della Procura generale presso la Corte d’appello che ripristina la carcerazione per associazione mafiosa e traffico di sostanze stupefacenti, delitti commessi tra Calabra e Milano tra la seconda metà degli anni 80 e i primi anni 90. L’uomo deve scontare un residuo di pena di 2 anni, 9 mesi e 28 giorni di reclusione.

Figlio del defunto Paolo, capo indiscusso della ‘ndrangheta reggina, la cui uccisione nell’ottobre 1985 scatenò la seconda guerra di mafia, Carmine De Stefano iniziò la latitanza il 3 ottobre 1994, quando si sottrasse all’ordinanza di custodia cautelare in carcere emessa dalla Procura di Milano per gli stessi delitti per i quali ora deve scontare il residuo di pena. Coinvolto nel maxi processo Olimpia, con l’accusa di associazione mafiosa e duplice omicidio, fu condannato per il solo delitto associativo alla pena di 8 anni, poi ridotti in appello a 4 anni e 8 mesi.

La sua latitanza terminò l’8 dicembre 2001, quando la Squadra mobile di Reggio Calabria lo catturò in un appartamento del popoloso quartiere di Arghillà, alla periferia nord della città. Lo scorso 9 giugno era stato scarcerato per fine pena, ed era stato sottoposto alla sorveglianza speciale con obbligo di soggiorno nel Comune di Reggio Calabria. Adesso, a seguito di vari ricorsi, anche per Cassazione, relativi all’applicazione dell’istituto del reato continuato, la Procura generale della Repubblica di Reggio Calabria ha rideterminato la pena che doveva scontare, per tre sentenze di condanna, in 18 anni, 3 mesi e 14 giorni di reclusione e interdizione perpetua dai pubblici uffici, quindi ha disposto una nuova carcerazione in virtù del calcolo tra quanto finora scontato e la pena inflitta.

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