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«Enormi ritardi nell'uso dei fondi per il dissesto»

CATANZARO Premiare i Comuni che investono nella prevenzione per il dissesto idrogeologico e penalizzare quelli che non hanno approvato i Piani di emergenza di protezione civile. È questa la ricetta…

Pubblicato il: 10/03/2015 – 16:12
«Enormi ritardi nell'uso dei fondi per il dissesto»

CATANZARO Premiare i Comuni che investono nella prevenzione per il dissesto idrogeologico e penalizzare quelli che non hanno approvato i Piani di emergenza di protezione civile. È questa la ricetta – è detto in un comunicato – di Legambiente Calabria che denuncia «enormi ritardi nell’utilizzo dei fondi per la messa in sicurezza del territorio». Il presidente regionale di Legambiente, Francesco Falcone, ha rivolto anche un invito al governatore, Mario Oliverio, ad attivare «subito l’annunciata Unità di missione regionale contro il dissesto affinché si metta subito mano agli interventi e si attiva la spesa che anche sulla base dell’analisi dei dati messi a disposizione del dipartimento della Coesione Open Coesione del ministero dello sviluppo regista grossi e pesanti ritardi. Sui Fondi Fesr della programmazione 2007/2013 risultano spesi solo il 22% delle risorse, mentre sui fondi Cipe su circa 257 milioni di euro di investimento la spesa è pari a zero». Sono 393 milioni di euro i fondi stanziati dal 1999 ad oggi per gli interventi di messa in sicurezza contro il rischio idrogeologico in Calabria. Sui 452 lavori previsti solo 188 risultano ultimati per un importo complessivo di 106 milioni di euro. Considerando che il 100% dei comuni calabresi è classificato «ad elevato rischio idrogeologico» e che la maggior parte dei fondi (220 milioni) e degli interventi (185) sono stati programmati solo a partire dal 2010, mediante la firma dell’Accordo di programma tra Stato e Regione, risulta «evidente – prosegue Falcone – l’enorme ritardo con cui gli organi competenti si sono mossi da oltre un decennio per far fronte a questa situazione critica in cui versa la regione». «Anche dove sono stati fatti interventi però – sostiene Legambiente Calabria – il modello si è basato spesso su misure puntuali, senza una visione a scala di bacino, come invece auspicabile, e progettati secondo la sola logica di “messa in sicurezza” attraverso la costruzione di opere difensive, che hanno irrigidito ulteriormente un territorio che invece, per la sua conformazione geologicamente giovane e in continua evoluzione, avrebbe avuto bisogno anche di una pianificazione dinamica e innovativa. Sulla gestione del territorio però il ritardo è ancora più evidente. Dall’ultimo dossier redatto nel 2013 da Legambiente e Protezione Civile, “Ecosistema Rischio”, emerge come nell’82% dei comuni intervistati (un campione pari a circa il 20% dei totale dei comuni calabresi), ci siano abitazioni edificate in aree a elevato rischio idrogeologico, nel 61% dei casi risultano in tali aree insediamenti produttivi, nel 27% addirittura strutture sensibili. Ben il 17% del campione dei comuni ha risposto che nell’ultimo decennio sono state urbanizzate aree a rischio, e pochissimi hanno un Piano comunale di emergenza».

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