«Bruni eliminato perché scomodo»
CATANZARO C’è tutta la ricostruzione dell’omicidio di Luca Bruni nelle 43 pagine dell’ordinanza di custodia cautelare che il gip di Cosenza, Giuseppe Perri, ha siglato e con cui sono stati spiccati t…

CATANZARO C’è tutta la ricostruzione dell’omicidio di Luca Bruni nelle 43 pagine dell’ordinanza di custodia cautelare che il gip di Cosenza, Giuseppe Perri, ha siglato e con cui sono stati spiccati tre mandati di arresto, di cui due in carcere, per Franco Bruzzese, Maurizio Rango e Daniele Lamanna, accusati di concorso in omicidio e occultamento di cadavere.
La vicenda risale al 2012, gennaio, quando Bruni scomparve. Luca Bruni, fratello di Michele e figlio del boss “Bella bella”, secondo quanto ricostruito dai pm Pierpaolo Bruni e Vincenzo Luberto della Dda di Catanzaro, venne condotto, con uno stratagemma, in aperta campagna a Castrolibero. Lì, accompagnato da Adolfo Foggetti (oggi collaboratore di giustizia le cui dichiarazioni sono state fondamentali per la svolta nel caso) e Daniele Lamanna, ad oggi latitante, avrebbe dovuto incontrare i latitanti Ettore Lanzino e Franco Presta. Invece, appena sceso dalla vettura, fu raggiunto da un colpo di pistola, una 7,65,alla nuca sparato da Lamanna. Questi, poi, gli diede il colpo di grazia con un’altra pistola, una calibro 38, perché la prima si era inceppata.
Poi l’occultamento del cadavere, avvenuto nei pressi del luogo dell’omicidio con la collaborazione di Rango ed Ernesto Sottile (per il quale non è stato ancora spiccato alcun mandato di arresto).
L’accelerazione decisiva alle indagini, a spiegarlo in conferenza stampa è il procuratore aggiunto della Dda di Catanzaro Giovanni Bombardieri, l’hanno data proprio le dichiarazioni dei collaboratori di giustizia, Foggetti soprattutto, grazie al quale il 18 dicembre scorso era stato rinvenuto il cadavere, ormai irriconoscibile, di Bruni, accanto al quale gli inquirenti hanno trovato anche diversi bossoli di proiettili e una serie di oggetti personali dell’ucciso grazi ai quali si è potuto procedere alla conferma dell’identificazione.
Prima di procedere agli arresti, però, si attendeva la conferma definitiva sull’identità del cadavere da parte dei periti medici.
«Si è trattato di una operazione molto importante – ha spiegato Bombardieri alla stampa – perché ha preso le mosse non solo dall’attività investigativa, ma soprattutto dalla collaborazione di soggetti direttamente presenti sulla scena del crimine, le cui dichiarazioni ci hanno permesso di fare piena luce sui fatti. L’omicidio Bruni, secondo quanto riferito, trova giustificazione in due ragioni: la prima è che secondo Franco Bruzzese temeva che i fratelli Bruni avrebbero iniziato a collaborare con le Forze dell’Ordine – ma su questo noi non abbiamo mai avuto riscontri -, la seconda è che Bruni era intenzionato a prendere in mano le redini della criminalità cosentina, cosa che la cosca di Bruzzese non poteva permettere. Con questo omicidio, inoltre, Rango passa da “uomo di sgarro” alla “Santa”, cioè un riconoscimento per i “meriti” criminali».
Oltre a quelle di Foggetti, sono state importanti le dichiarazioni rese da altri pentiti: Mattia Pulicanò, Silvio Gioia e Edyta Kopaczynska, quest’ultima compagna di Michele Bruni.
Un omicidio commissionato con l’avallo trasversale anche della cosca opposta a quella degli zingari di cui faceva parte Bruzzese, ovvero quella dei cosiddetti “italiani”, dal momento che le dichiarazioni dei pentiti hanno permesso di ricostruire la presenza di Francesco Patitucci alle riunioni agostane in casa di Franco Bruzzese in cui si decidevano le sorti di Bruni.
«Esisteva un patto federativo tra i due clan – spiega il colonnello Giuseppe Brancati, comandante provinciale dei carabinieri di Cosenza -. Anche se questo omicidio è ascrivibile a personaggi che gravitano nell’orbita della cosca degli zingari. Bruni era un personaggio scomodo, non solo per la paventata scelta collaborativa, ma perché nel momento in cui usciva dal carcere, voleva una parte della torta delle estorsioni. Così è stato eliminato proprio poco dopo il classico periodo in cui si torna a batter cassa nei confronti di chi è sotto estorsione (dopo Natale, ndr)».
All’incontro con la stampa ha partecipato anche il vice-questore di Cosenza, Giuseppe Zanfini, il quale ha aggiunto altri dettagli alla vicenda: «Le modalità dell’omicidio sono state decise nel corso di diverse riunioni. Le pistole, dopo l’omicidio, sono state ripulite da Lamanna e da Rango e successivamente gettate tra i rovi nei pressi dell’abitazione di una parente di Rango».
Alessandro Tarantino
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