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SANTA FE | Il cartello globale della coca

REGGIO CALABRIA «Si tratta di un’operazione che non ha precedenti della stessa consistenza, non solo per la portata, 38 persone raggiunte da accuse per associazione internazionale finalizzata al tr…

Pubblicato il: 17/06/2015 – 11:47
SANTA FE | Il cartello globale della coca

REGGIO CALABRIA «Si tratta di un’operazione che non ha precedenti della stessa consistenza, non solo per la portata, 38 persone raggiunte da accuse per associazione internazionale finalizzata al traffico di stupefacenti e oltre 4 tonnellate di cocaina sequestrata in due anni, ma anche per numero di paesi coinvolti nell’indagine». Sono queste le parole che un orgoglioso procuratore capo della Dda di Reggio Calabria, Federico Cafiero de Raho ha scelto per commentare i risultati della maxioperazione antidroga Santa Fe, che ha permesso di individuare e sgominare l’organizzazione internazionale di narcotrafficanti che la holding criminale che gli Aquino-Coluccio, del mandamento jonico, e gli Alvaro di Sinopoli e i Pesce di Rosarno, del mandamento tirrenico, avevano costituito con narcos attivi in tutto il Sud America, per inondare di cocaina l’Europa.

Un cartello criminale in grado non solo di importare enormi quantità di bianca, ma anche di assicurare le massime condizioni di “sicurezza” per il prelievo dello stupefacente una volta giunto nei porti italiani, grazie agli uomini che l’organizzazione aveva fra i lavoratori dei diversi scali. «Nel corso delle indagini – aggiunge al riguardo il procuratore de Raho – abbiamo individuato e arrestato tre lavoratori della Medcenter, che in tutto e per tutto lavoravano per l’organizzazione. Ma i medesimi agganci, informa Generale Antonio De Nisi,Comandante provinciale della Gdf Catanzaro, li abbiamo riscontrati nei porti di Genova e Livorno, come all’estero».

Un’organizzazione individuata – si sottolinea a più riprese – grazie ad un’indagine internazionale, incastratasi perfettamente con la più ampia attività condotta a livello mondiale dalla Dea, l’operazione Angry pirate, che tuttora mira ad individuare l’intera rete dei fornitori cui anche i calabresi ricorrevano. «Questa è la più importante indagine antidroga fatta fino ad ora – spiega al riguardo il procuratore aggiunto Nicola Gratteri – non solo per il numero di paesi coinvolti e la quantità di cocaina sequestrata, ma anche per l’approccio investigativo. Anche la Dea ha deciso di investire su di noi, mettendo a disposizione le loro strutture investigative secondo i nostri metodi. E questo dimostra la credibilità che la procura di Reggio Calabria nel tempo ha acquisito».

Una collaborazione maturata in oltre  due anni di indagini , proseguite  coordinando gli sforzi di «quella èlite della Guardia di Finanza che oggi sta tutta in Calabria» – così la definisce Gratteri – e gli uomini della Dea, l’agenzia federale di lotta al narcotraffico del Dipartimento della Giustizia degli Stati Uniti, e della Cmb, la polizia di frontiera statunitense. «Questa indagine – dice il direttore regionale per Europa e Africa della Dea, James Allen – è importante non solo per i nostri colleghi qui, ma anche per noi della Dea. Questo gruppo criminale che oggi abbiamo individuato aveva partner in tutti gli angoli del mondo. Se non fosse per la partnership con gli investigatori internazionali, questo tipo di indagini non sarebbero possibili e questa gente continuerebbe a imperversare. La criminalità internazionale utilizza le frontiere contro di noi e l’unico modo per combatterla è con la capacità di collaborazione e con l’amicizia che abbiamo dimostrato con questa indagine. Dalle forze dell’ordine alla magistratura, tutti insieme dobbiamo collaborare per raggiungere per successi come questi”. Il lavoro ancora da fare, sottolinea tuttavia Gratteri, c’è ed è tanto. “Nonostante negli ultimi anni siamo stati in grado di individuare e bloccare grandi broker della droga internazionali del calibro di Pasquale Bifulco o Pannunzi, la ndrangheta in questo momento può ancora contare settanta/ ottanta broker che riescono a inviare regolarmente cocaina in Calabria. Hanno contatti diretti con organizzazioni paramilitari delle Farc e quello che rimane delle Auc». Un gruppo paramilitare di estrema destra quest’ultimo formalmente disciolto, ma i cui fuoriusciti hanno mantenuto in piedi delle strutture che – sottolinea il procuratore aggiunto «sono in società con la ‘ndrangheta. Abbiamo le tracce di uomini della ‘ndrangheta che entrano e escono dalla selva colombiana come neanche la polizia colombiana riesce a fare». Ma la ‘ndrangheta, si sa, non ha mai fatto distinzione di fede politica al momento di fare affari e anche con le colonne di ispirazione guerrillerista delle Farc ha un ottimo rapporto.

«L’enorme credibilità che la ‘ndrangheta ha acquisito nel tempo, anche per la mancanza di collaboratori di giustizia di livello, ha permesso ai broker dei clan calabresi di avere contatti diversi con queste organizzazioni», aggiunge Gratteri, segnalando un dato che forse rivela il vero obiettivo della vasta operazione mondiale della Dea, in cui l’indagine della Procura reggina si è incastrata. «In passato tanto le Farc come le Auc si limitavano a chiedere la mazzetta ai cocaleros, sia per la produzione, sia per il trasporto, oggi controllano invece la produzione e questo è stato il vero salto di qualità».

Sullo sfondo dell’indagine rimane infatti il misterioso capo delle Farc con cui anche la holding criminale italiana inchiodata dall’operazione Santa fè era in contatto. Ma su di lui – dice il procuratore Cafiero de Raho «nessun dettaglio può essere rivelato per rispetto delle indagini in corso». Almeno per adesso.

 

Alessia Candito

a.candito@corrierecal.it

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