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In aula l'accusatrice di Naccari: «I miei guai iniziati nel 2007»

REGGIO CALABRIA È il giorno della principale teste d’accusa al processo che vede imputato l’ex consigliere regionale Demetrio Naccari Carlizzi, accusato in concorso con la moglie, Valeria Falcomatà…

Pubblicato il: 23/06/2015 – 16:10
In aula l'accusatrice di Naccari: «I miei guai iniziati nel 2007»

REGGIO CALABRIA È il giorno della principale teste d’accusa al processo che vede imputato l’ex consigliere regionale Demetrio Naccari Carlizzi, accusato in concorso con la moglie, Valeria Falcomatà, di aver effettuato pressioni per ottenere la nomina di una persona ritenuta amica nella commissione che avrebbe stabilito i vincitori del concorso da dirigente medico in Dermatologia cui la moglie aspirava. A parlare è la dottoressa Maria Carmela Arcidiaco, primario facente funzioni di Dermatologia, che con la sua denuncia, corredata dalle registrazioni di conversazioni “rubate” a dirigenti, colleghi e commissari di gara, ha dato il via all’inchiesta. E il suo sembra quasi uno sfogo.

Rispondendo alle domande del procuratore aggiunto Gaetano Paci e del sostituto Salvatore Faro, la Arcidiaco parte da lontano – il 2007 – per spiegare quello che definisce «l’inizio dei miei guai». All’epoca – dice in aula – «mi chiama il direttore sanitario, Vincenzo Trapani Lombardo, per dirmi che il direttore generale Pangallo ha intenzione di riportare il reparto da  unità operativa interdipartimentale a unità operativa complessa». Un declassamento che – stando a quanto riferito dalla facente funzioni – l’allora direttore sanitario le avrebbe assicurato su misura per lei «così facciamo il concorso che non avrai problemi a vincere». Una rassicurazione che non ha per nulla tranquillizzato la Arcidiaco, spiega la testimone, introducendo in dibattimento la complessa storia del reparto, la cui portata strategica e classificazione – struttura complessa o unità operativa interna – è stata più volte ridefinita nel corso del tempo, con immediate ricadute su dotazione di personale e budget.

Ma soprattutto, introduce quello che sembra essere il vero obiettivo delle denunce della Arcidiaco, il dottore Vincenzo Schirripa, «che ha sempre voluto venire a fare il primario a Reggio» dice la dottoressa, aggiungendo che addirittura l’ex ministro Maurizio Gasparri – le avrebbe riferito il dottore Poeta – si sarebbe mosso per accreditarlo. Protetto invece in Calabria – stando alla testimonianza di Arcidiaco – «da due sponsor potenti, il suo ex primario Poeta e lo zio Franco, che sarebbe il giudice Puntorieri», Schirripa – per il quale è stata chiesta l’archiviazione già in fase di indagini preliminari – sarà un elemento centrale in tutta la vicenda. Proprio la sua nomina come commissario del concorso da aiuto cui avrebbe in seguito partecipato Valeria Falcomatà, per la primario facente funzioni sarebbe stata «la prova del cerchio che si chiude che mi ha fatto capire di dover fare qualcosa per difendermi».

Per la Arcidiaco infatti, Schirripa sarebbe stato inserito in commissione su indicazione di Naccari, in cambio di una contestuale indizione di un concorso per il posto di primario, che avrebbe dovuto vedere lui come vincitore. Un argomento che sarà al centro di diverse conversazioni “rubate” dalla Arcidiaco sia all’allora dirigente dell’Asl Mannino, sia al dg Santagati, sia alla sua stessa collega Falcomatà, convertendosi quasi in un giallo. Citando le diverse persone con cui nel tempo ha interloquito, la primario facente funzioni spiega che l’inserimento in commissione di Schirripa – definito dai conversanti «un ricatto» – viene attribuito prima all’ex consigliere regionale Naccari, quindi a De Caridi, quindi ancora a Naccari. E a suo parere sarebbe stato proprio quest’ultimo a volerlo come commissario, assicurandogli in cambio quel primariato per il quale la direzione generale dell’ospedale avrebbe voluto bandire il concorso proprio fra lo scritto e l’orale della selezione per i posti di aiuto. Ma per la Arcidiaco questa non sarebbe che una delle prove che tutta la procedura fosse truccate. A questo – afferma – c’è da aggiungersi anche che una delle partecipanti al concorso, la dottoressa Todaro, sarebbe stata indotta a partecipare dallo stesso Schirripa, mentre un secondo, il dottore Borgia, «io credo ma non ho le prove – dice – che sia stato convinto a non presentarsi agli orali». Una convinzione personale, almeno in quest’ultimo caso, ma che per la Procura sembra incastrarsi con quanto emerge dalle conversazioni intercettate dalla Arcidiaco dall’ottobre del 2009. Uno stratagemma che – dichiara – le avrebbe suggerito il sostituto procuratore della Dda reggina Stefano Musolino, consultato dalla donna che lo aveva conosciuto in qualità di paziente, quando non era ancora in servizio a Reggio. «Mi ha detto che i reati contro la Pubblica amministrazione sono difficilissimi da provare, quindi se avessi registrato conversazioni come quella con Mannino, avrei avuto i tasselli per comporre il puzzle». Un consiglio seguito alla lettera dalla Arcidiaco, che registrerà – all’insaputa degli interlocutori – le conversazioni che finiranno in seguito agli atti dell’inchiesta, insieme ad una dettagliata denuncia, in cui – fanno emergere le domande delle difese – paradossalmente non appare quasi nessuno dei nomi degli attuali imputati, ma l’assoluto protagonista è il dottore Schirripa.

Tutti elementi che alla fine dell’istruttoria toccherà al collegio valutare, ma che per adesso, a prescindere dalle posizioni di indagati e parti lese, compongono uno spaccato deprimente della sanità calabrese in generale e reggina in particolare, in cui concorsi e piante organiche diventano una giungla, in cui farsi strada con colloqui confidenziali, corsie preferenziali e benedizioni politiche e non.

 

Alessia Candito

a.candito@corrierecal.it

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