REGGIO CALABRIA È del valore di 800mila euro il sequestro che, su proposta della Dia, la sezione Misure cautelari del Tribunale di Reggio Calabria ha disposto a carico di Gianluca Favara, “l’ambasciatore” dei clan, già condannato a dieci anni nell’ambito del processo Reggio Nord, ma attualmente imputato anche nel processo Ndrangheta banking per usura, estorsione, lesioni, violenza privata ed esercizio abusivo dell’attività finanziaria, tutti aggravati dalla modalità mafiosa.
Per i magistrati, Favara -ritenuto organico alla cosca Pesce-Bellocco di Rosarno, ma a disposizione di tutti i clan, che a lui si rivolgono come mediatore e facilitatore – è anche il vero regista criminale della strategia di soffocamento dell’imprenditore Agostino Augusto, individuato dai clan reggini come vera e propria leva per entrare nel mondo dorato della sanità privata lombarda. Personaggio chiave del business sarebbe stato Favara, quale ambasciatore e broker dei clan. Uno di quei personaggi di cui il Ros di Reggio Calabria si era occupato nel corso delle indagini su Pasquale Condello che avevano portato gli inquirenti a ipotizzare che «le cosche consociate (le famiglie dei Condello, dei Morabito di Africo, dei Pelle di San Luca, dei Barbaro di Platì, dei Molè e Piromalli di Gioia Tauro, dei Bellocco-Pesce di Rosarno) distanti solo dal punto di vista territoriale e logistico, avevano delegato alcuni soggetti “trait d’union” per la veicolazione delle informazioni e tra questi, appunto, il citato Favara Gianluca. Ma se in Calabria Favara veicolava informazioni, in Lombardia il medesimo soggetto procacciava affari. Per tutti. Stando a quanto scoperto dagli inquirenti, a Milano l’ambasciatore dei clan era al lavoro per impossessarsi di imprese e aziende. Fra queste c’erano anche quelle dell’imprenditore Agostino Augusto, ingegnere milanese titolare dell’impresa Makeall, ma soprattutto di cinque case di cura, già finito al centro dell’operazione “Mentore” della Dda milanese. Tentato dal prestito dei clan, trascinato fino in Calabria, terrorizzato e minacciato, Augusto nel giro di pochi mesi si trasforma da rampante imprenditore in impaurita marionetta nelle mani di Favara e dei suoi sgherri che sul suo impero puntano a mettere le mani proprio tramite Pasquale Rappoccio. Presentato all’imprenditore milanese in difficoltà come un «amico competente per materia», in grado di fornire in fretta le attrezzature mediche necessarie all’allestimento di tre case di cura, l’ex rappresentante della Medinex era stato chiamato in realtà a rilevare a prezzi stracciati l’ormai zoppicante Makeall spa. Una manovra a tenaglia che avrebbe visto da una parte Favara mettere spalle al muro con pressioni fisiche e verbali l’ingegnere milanese – Augusto finirà due volte in ospedale – dall’altra, Rappoccio chiamato a presentarsi come unico interlocutore finanziario disponibile. Una strategia che seguiva un «copione – affermano gli inquirenti milanesi – oramai consolidato nel modus operandi della ‘ndrangheta calabrese», in grado di penetrare l’economia e la società lombarda affondando come un coltello nel burro.Tutte attività che insieme ad altre hanno procurato a Favara enormi guadagni illeciti che gli hanno permesso di costruire ditte e società come la “Lavaservice di Favara Gianluca Ciro Domenico”, una lavanderia con sede legale a Rosarno, e società di catering, stireria e tintoria “MI.RO Srl”, oggi finite sotto sequestro.
Alessia Candito
a.candito@corrierecal.it
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