Zero fondi dal ministero sulla cultura, ma è (anche) colpa nostra
Dobbiamo riuscire ad avere di più dallo Stato. Senza rinunciare a fare le proposte, dimostrando di credere in noi stessi. C’è qualcosa su cui vale la pena di riflettere. Riguarda il vuoto di prospett…

Dobbiamo riuscire ad avere di più dallo Stato. Senza rinunciare a fare le proposte, dimostrando di credere in noi stessi.
C’è qualcosa su cui vale la pena di riflettere. Riguarda il vuoto di prospettive su cui riuscire a sviluppare un’idea di cultura per la Calabria. È terra di interesse archeologico straordinario, da Sibari a Caulonia, Lamezia e Crotone… di prezioso artigianato sacro e profano, da san Giovanni in Fiore a Seminara e Squillace… di patrimoni archivistici e storici risalenti ai tempi antichi. Ci sono fondazioni riconosciute che prendono il nome di autori illustri del novecento letterario italiano, come Corrado Alvaro e Vincenzo Padula e altre dedicate a pietre miliari del medioevo come il Centro studi internazionale “Gioacchino da Fiore”.
Ma a giudicare dalla tabella approvata dal ministero lo scorso 30 luglio, nessuna istituzione né associazione ha proposto valide attività da ottenere un contributo ai sensi della Legge nazionale 354/1996. Neppure in occasione del Centenario della Grande Guerra e dei tanti eventi che hanno radici nella storia locale è avanzata una qualche proposta organica degna di questo nome, oppure nessuna ha trovato il corretto supporto politico e istituzionale. Eppure una regione come la Calabria, dopo anni di persistente sottosviluppo, incluso quest’ultimo anno bollato come il peggiore dai dati dello Svimez, potrebbe e dovrebbe fare molto di più che cianciare una qualunque via d’uscita.
Potrebbe, tanto per iniziare, recuperare un’idea di cultura che non sia quella patinata e di passerella a cui la regione ha sottaciuto sotto l’egida Scopelliti. Potrebbe la Calabria almeno preoccuparsi di non perdere l’identità, senza rinunciare ai propri valori e alla propria civiltà. Greca, normanna, bizantina, l’ora della Calabria sta per scadere nella fauci di una cultura del disvalore, che guarda al Sud ispirandosi all’insostenibile miopia dell’avere: abbiamo di meno, questo è certo. Ma siamo molto di più di quello che possiamo. Abbiamo la mafia ma non siamo tutti mafiosi. Manca, va detto, un sussulto di dignità della politica, ma forse non è originale né veritiero additare unicamente la politica. Le responsabilità sono anche di quelle istituzioni e di quei cittadini che sopportano passivamente, senza “resistere”, mentre pesa diffusamente, come un macigno, una burocrazia male organizzata, dedita allo scaricabarile, buona solo a preservare se stessa capovolgendo con metodo il principio “vinca il migliore”.
Ecco perché da queste parti i giovani guardano altrove per trovare una strada che non sia una strettoia o un vicolo cieco.
Ora, la tabella dei contributi ai programmi culturali resterà invariata: alla voce Calabria scrivo zero e riporto zero. La Calabria non è pervenuta nonostante ne avesse tutte le prerogative. Non è un de profundis ma è sicuramente l’ora del mea culpa.
La maxima culpa sarebbe rinunciare di fare il nostro dovere e fare qualcosa di molto più importante che recitare semplicemente l’atto di dolore. Dobbiamo dimostrare con i fatti di sapere puntare sulla tutela e la valorizzazione del patrimonio culturale della Calabria affinché se ne rafforzi la conoscenza diventando finalmente un grande polo di attrazione turistica destagionalizzata e in grado di accogliere visitatori da tutto il mondo.
Non sarebbe male se i due guerrieri di bronzo diventassero il simbolo positivo di una Regione che si rialza e che costruisce il futuro difendendo il diritto a nuovi investimenti su infrastrutture e innovazione senza rinunciare alla sua anima, al suo passato, alla sua identità. In questo caso, è d’obbligo segnalare al presidente della Regione Calabria che se non vogliamo essere commissariate anche sulle politiche culturali conviene organizzarci con una certa determinazione.
*ex consigliere comunale di Lamezia Terme