CATANZARO Fusione doveva essere e fusione è stata. Le Camere di commercio di Vibo e Crotone sono state inglobate dalla sorella maggiore del capoluogo che – dopo la pubblicazione in Gazzetta ufficiale – raccoglierà dati ed esigenze delle aziende presenti sul territorio di tutte e tre le provincie calabresi. Salvate, come da pronostico, invece le altre due Camere di commercio di Reggio Calabria e Cosenza. L’una perché sede di una città metropolitana, l’altra per il numero sufficiente di iscritti nel registro delle imprese.
La ratio della riforma, che interesssa ovviamente tutto il Paese, è quella di razionalizzare gli enti camerali presenti nella Penisola e rispondere meglio – nelle intenzioni del legislatore – alle esigenze funzionalità e efficienza dei servizi offerti.
Al contrario, per molti, questo passaggio si tramuterà in una nuova spoliazione di beni a disposizione dei singoli territori, soprattutto i più piccoli. Leggasi ovviamente Crotone e Vibo. Con un aggravio dei costi per le imprese e dei cittadini residenti nelle rispettive province costretti a fare la spola fino a Catanzaro per ottenere servizi finora offerti dalle locali Camere di commercio. Senza contare alcune incognite operative tutte ancora da decifrare: gestione dei dipendenti e delle risorse. E a leggere negativamente questa novità è anche il presidente della Camera di Commercio del capoluogo, Paolo Abramo che all’Adnkronos sostiene che «le riforme ci debbano essere va bene ma non è questa la formula giusta, non è accorpando che si risolve il problema».
Secondo Abramo, «ci sono delle Camere di Commercio che sono sufficientemente equilibrate dal punto di vista finanziario e che verranno danneggiate dall’accorpamento». Per il presidente della Camera di Commercio catanzarese, da questa riforma non ci sarebbero neppure risparmi reali per la Pubblica amministrazione. Anzi. «A Crotone e Vibo dovranno comunque rimanere dei presidi quindi non c’è un risparmio perché non si prevede il licenziamento dei dipendenti – spiega ancora all’Adnkronos Abramo -. Inoltre il problema serio è che ci saranno degli aggravi di spesa per quanto riguarda l’attività di presidio nei territori in cui le Camere di Commercio vengono soppresse».
r.d.s.
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