Flash mob per i migranti sulle scale del Cilea
REGGIO CALABRIA Un flash mob per commemorare le vittime delle migrazioni che nel 2015 sono state quantificate in oltre 4mila persone annegate. E’ l’iniziativa organizzata davanti al teatro “Francesco…

REGGIO CALABRIA Un flash mob per commemorare le vittime delle migrazioni che nel 2015 sono state quantificate in oltre 4mila persone annegate. E’ l’iniziativa organizzata davanti al teatro “Francesco Cilea” di Reggio Calabria dal coordinamento diocesano emergenza sbarchi. A queste si aggiungono le vittime sconosciute, quelle morte prima di giungere ai porti di partenza o lungo le rotte balcaniche. «Un’ecatombe a cui non ci vogliamo rassegnare – ha commentato Bruna Mangiola, una delle organizzatrici della manifestazione – e per cui vogliamo sollecitare la partecipazione della città». Il flash mob è stato cadenzato da alcuni gesti simbolici. Sulle scale è stato steso un telo azzurro su cui i volontari hanno esposto cartelli con nomi di padri, madri, figli e fratelli morti in mare. Da una lampada con la luce di Betlemme sono stati accesi dei lumini mentre i ragazzi dell’Orchestra giovanile dello Stretto suonavano delle brevi melodie. Sul Corso poi è stata aperta la grande bandiera arcobaleno per sintetizzare l’invocazione della pace su questa porzione di mondo.
Non è stata solo la commemorazione della morte ma anche e soprattutto la celebrazione della “vita resiliente” rappresentata da una famiglia nigeriana, formata dai giovani Gift e Abolaji, sbarcati a Reggio a luglio e diventati genitori a settembre di Sulaimon. Ospiti della casa famiglia gestita dalla Comunità Papa Giovanni XXIII sono scesi sulle scale per testimoniare, senza parlare, la semplice voglia di vita.
Infine il parallelismo con l’Expò di Milano, la manifestazione che ha catalizzato i media nel 2015. Nata per promuovere l’equa distribuzione delle risorse alimentari è stata messa in parallelo con quanto fatto a Reggio e negli altri porti durante i ripetuti sbarchi per la distribuzione di generi di prima necessità ai migranti affamati. E poi una domanda che diventa provocazione: dove si è fatto di più per sfamare il mondo? All’ombra dell’albero della vita o della croce di Lampedusa?