Ultimo aggiornamento alle 9:30
Corriere della Calabria - Home

I nostri canali


Si legge in: 8 minuti
Cambia colore:
 

Il dramma degli ex dipendenti Sogefil

LAMEZIA TERME Esasperati, sfiniti, sconfitti. Gli ex dipendenti della società di riscossione tributi Sogefil dal 2012, dicono, «non vediamo un centesimo». E le lungaggini burocratiche non aiutano c…

Pubblicato il: 11/01/2016 – 19:59
Il dramma degli ex dipendenti Sogefil

LAMEZIA TERME Esasperati, sfiniti, sconfitti. Gli ex dipendenti della società di riscossione tributi Sogefil dal 2012, dicono, «non vediamo un centesimo». E le lungaggini burocratiche non aiutano chi si trova disperato, legato a piccoli lavori in nero, con più di 50 anni e senza rosee prospettive davanti agli occhi. «Accedere al fondo di garanzia Inps per noi è vitale – dice un ex lavoratore –. Siamo cinquantenni, i datori di lavoro e i bandi di concorso ci scartano a priori». Per molti di loro, tra poco, finirà anche la mobilità e l’unica ancora di salvezza resta il fondo Inps che garantisce il tfr e gli ultimi tre mesi di lavoro non retribuiti. In realtà, secondo i calcoli effettuati dagli stessi dipendenti, il debito totale della “Sogefil riscossioni spa” nei confronti dei suoi 30 ex lavoratori – tra tfr e stipendi mai pagati – è di circa 850mila euro. «Sappiamo già che la maggior parte dei mesi arretrati non li recupereremo mai – dice un altro dipendente –, ci abbiamo già messo una pietra sopra, amen. Ma il tfr, almeno quello, ci spetta e anche urgentemente».

GESTI ESTREMI Il tempo, però, stringe e lo scorso sette gennaio, nel corso dell’udienza sulla procedura fallimentare, quando il giudice Giuseppe Greco – esaminando ogni singola posizione, pratica per pratica – ha ritenuto che, mancando documenti, allegati e buste paga, l’udienza andava rinviata a settembre, c’è chi non ha retto e ha minacciato gesti estremi. «Un collega – racconta uno dei presenti – ha minacciato di andare al quinto piano. In un primo momento non tutti hanno capito cosa intendesse, qualcuno ha pensato che avesse intenzione di andare in Procura. Invece no, voleva salire al quinto piano per buttarsi di sotto». Quando il giudice ha compreso l’esasperazione del disoccupato ha cercato di anticipare i tempi. La nuova udienza è stata fissata per il prossimo 23 marzo. Ma questo non rassicura gli animi degli ex dipendenti Sogefil, soffocati da una presa per sfinimento fatta di anni di stipendi arretrati, promesse mai mantenute, diritti calpestati. «Lo scorso 18 settembre, nel corso della precedente udienza – raccontano –, il giudice per venirci incontro ha deciso di separare la nostra posizione da quella degli altri creditori. Poi l’udienza è stata rinviata a gennaio».

L’INCHIESTA SULLA SOGEFIL A questo punto c’è da fare un’importante digressione. I creditori nei confronti dei quali il giudice ha deciso di separare la posizione rispetto ai dipendenti, sono circa 80 comuni, tra Calabria e Campania, nei confronti dei quali la società di riscossione tributi non ha versato le quote pagate dai contribuenti. Non si tratta di bruscolini: secondo i magistrati cosentini che il 17 luglio 2013 hanno fatto trarre in arresto i dirigenti della società (Mario Lo Po, Maria Grazia Lo Po, Giovanna Trovato e Leonardo Trovato), il buco causato dalla Sogefil alle casse dei comuni ammonta, per difetto, a 15 milioni di euro. Anzi, a voler essere precisi, secondo l’accusa i Lo Po e i Trovato, rivestendo ruoli dirigenziali all’interno della Sogefil, avrebbero proceduto «negli anni dal 2005 al 2012 alla riscossione della somma complessiva di 43.591.2225,50 euro», riversando nelle casse dei comuni 27.703.698,22 euro «così appropriandosi della somma di euro 15.887.557,68».
Una cifra enorme – difronte alla quale qualsiasi Rimborsopoli impallidisce – che per molti piccoli paesi significa mandare in rovina le casse comunali. L’inchiesta – condotta dal Nucleo speciale di polizia valutaria della Guardia di finanza di Reggio Calabria e coordinata dal sostituto procuratore Donatella Donato e dall’allora procuratore aggiunto Domenico Airoma – ha portato al rinvio a giudizio, il 7 ottobre 2014, dell’ex presidente del Cosenza calcio, Mario Nucaro; Antonio Trovato; Filippo Grandinetti; Roberto D’Andrea e Angelo Rossi. Hanno patteggiato la pena, ma non per tutti i capi di imputazione, Mario Lo Po (2 anni di carcere), Maria Grazia Lo Po (1 anno e sei mesi); Giovanna e Leonardo Trovato (entrambi un anno e sei mesi). Alcuni reati non erano patteggiabili, per esempio quelli legati agli illeciti tributari. Secondo l’accusa, infatti, i due fratelli Lo Po, in qualità di presidente del cda e amministratore di fatto della Sogefil non avrebbero versato, «entro il termine previsto per la dichiarazione annuale di sostituto d’imposta relativa all’anno 2011, ritenute per l’importo pari a 111.463,98 euro». Ma su questo reato è giunto a dare man forte agli imputati il decreto legislativo 158 del 2015 in cui si dispone un sensibile innalzamento delle soglie di punibilità sui reati tributari. Secondo quanto dispone il decreto per l’omesso versamento delle ritenute dovute o certificate, la soglia viene triplicata e passa da 50.000 a 150.000 euro e viene ben quintuplicata per l’omesso versamento Iva che passa da 50.000 a 250.000 euro. L’illecito contestato alla Sogefil è quindi venuto meno come reato. Oggi il processo – la cui prossima udienza è il 14 gennaio – si è parecchio sgonfiato. Le udienze proseguono, con rito ordinario, per Grandinetti, D’Andrea e Rossi, Antonio Trovato e Mauro Nucaro che devono rispondere, a vario titolo, di associazione per delinquere, reati societari, ricettazione e peculato. Ma alcuni di questi capi d’imputazione sono già in odore di prescrizione.
Quello che resta un mistero è dove siano finiti i soldi riscossi per conto dei comuni e mai versati nelle casse municipali.

LA TRAGEDIA DI 31 FAMIGLIE «Quello che stiamo vivendo è un dramma – racconta un ex dipendente della società – siamo stati licenziati il 3 marzo 2012 e ancora non siamo rientrati nelle nostre spettanze. Io, per esempio, ho 51 anni e dopo quasi 20 anni di servizio mi ritrovo senza lavoro e senza soldi. I comuni hanno subito un danno economico gravissimo ma la nostra è una tragedia sociale che si sta consumando in silenzio». «Prima dell’udienza del 7 gennaio avevamo contattato telefonicamente il curatore fallimentare, il dottore Giuseppe Conforti, per avere rassicurazione che la documentazione fosse completa e non vi fossero rischi di rinvio dell’udienza. Avevamo chiamato anche per dire che se fossero mancate delle buste paga, necessarie alla rendicontazione di alcune posizioni, le avremmo recuperate e portate noi stessi. Eravamo stati confortati sul fatto che le carte fossero in regola ma durante l’udienza si è poi scoperto che mancavano diversi documenti. Le dirò di più – aggiunge l’ex dipendente – inizialmente il giudice ci aveva proposto di anticipare l’udienza a febbraio ma il curatore ha chiesto di posticipare perché altrimenti non ce l’avrebbe fatta coi tempi».

LA VITA DI UN AGENTE DI RISCOSSIONE Chilometri macinati ogni giorno, attraverso i comuni della Calabria, per recuperare i tributi che dovevano essere versati nelle casse municipali. Alla Sogefil più di 80 amministrazioni avevano affidato il compito di combattere l’evasione e arginare il dissesto economico. Anche su questi affidamenti gli interrogativi sono parecchi. Ci sono comuni che hanno affidato le riscossioni alla Sogefil per anni, senza verificare – oppure chiudendo tutti e due gli occhi – che solo un piccola percentuale del riscosso veniva versata. Ma, al di là di queste considerazioni, c’erano agenti di riscossione tra gli ex dipendenti della Sogefil che hanno lavorato, riscuotendo presso i cittadini i tributi amministrativi (acqua, Ici, spazzatura, sanzioni amministrative e quant’altro) per conto dei Comuni. «Eravamo una specie di Equitalia», raccontano. Si sono recati nei quartieri più “caldi” della regione, accolti da minacce e sguardi storti, hanno recuperato crediti da povera gente che versava in gravi difficoltà economiche. «E adesso questi soldi che fine hanno fatto? – si chiede uno di loro – C’è un viso, una persona, un episodio che non dimenticherò mai finché campo», dice tormentandosi le mani. Tra le altre cose gli stessi contribuenti truffati, oggi rischiano di pagare due volte la stessa ci
fra già versata alla Sogefil e mai passata ai Comuni. L’onere della prova è a carico del contribuente, chi non ha conservato le ricevute di pagamento rischia di ripagare le tasse. Nel comune di Lago, ad agosto 2010 avevano tappezzato il paese di volantini con l’invito, per chi avesse pagato i tributi, di recarsi in Comune con le ricevute affinché gli uffici verificassero quanto era stato pagato, e quanto era arrivato in cassa. Un ex dirigente dell’Arssa aveva ricevuto dalla Sogefil un elenco con i nomi dei morosi nel quale, con sua grande sorpresa risultava anche il proprio nominativo. Il dirigente alza la cornetta e chiama tutti quelli che conosce. Molti erano nella sua stessa posizione. A Castrolibero e Casole Bruzio, due grosse aziende avevano saldato debiti onerosi per poi sentirsi dire dall’ufficio riscossione che erano ancora morosi.
Il comune di Limbadi aveva ottenuto un piano di rientro che dopo pochi mesi è stato disatteso. Dopo le recriminazioni degli amministratori è stato redatto un nuovo piano, dietro presentazione di una polizza fideiussoria in cui faceva da garante una compagnia d’assicurazioni. Disatteso anche questo piano, da Limbadi si sono rivolti al garante per scoprire che la compagnia assicurativa, con sede a Roma, era una scatola vuota per cui raccomandate tornavano indietro.
A Carolei, nel corso della scorsa estate, il Comune si è fatto dare le quietanze delle riscossioni per cercare di contabilizzare entrate e versamenti.

CHI PAGA? Un mare sarebbero le storie da raccontare su questa vicenda. Ma la domanda che resta è: chi paga? Chi verrà risarcito per i danni subiti? I dipendenti, considerati dalla legge creditori privilegiati? I Comuni? I cittadini che hanno pagato i tributi? I soldi malconteggiati sembrano essersi volatilizzati. E nella mente di qualche ex dipendente riecheggiano le parole che gli venivano rivolte ogni volta che provavano a ribellarsi: «Ci sono tante porte, sceglietene una e andatevene. Fate quello che volete, tanto… con la giustizia italiana…».

Alessia Truzzolillo
a.truzzolillo@corrierecal.it

Argomenti
Categorie collegate

Corriere della Calabria - Notizie calabresi
Corriere delle Calabria è una testata giornalistica di News&Com S.r.l ©2012-. Tutti i diritti riservati.
P.IVA. 03199620794, Via del Mare, 65/3 S.Eufemia, Lamezia Terme (CZ)
Iscrizione tribunale di Lamezia Terme 5/2011 - Direttore responsabile Paola Militano
Effettua una ricerca sul Corriere delle Calabria
Design: cfweb

x

x