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Concorso taroccato alla "Mediterranea", condannato docente

REGGIO CALABRIA Italia paese di baroni e raccomandati? Non sempre. Almeno a Reggio Calabria, dove il professore Attilio Nesi – uno dei monumenti della facoltà di Architettura, da pensionato anche in…

Pubblicato il: 15/01/2016 – 21:01
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Concorso taroccato alla "Mediterranea", condannato docente

REGGIO CALABRIA Italia paese di baroni e raccomandati? Non sempre. Almeno a Reggio Calabria, dove il professore Attilio Nesi – uno dei monumenti della facoltà di Architettura, da pensionato anche in odore di cattedra emerita – è stato condannato a un anno di reclusione insieme alla sua “protetta” Francesca Carmen Giglio proprio per le forzature messe in atto per “regalarle” una borsa di studio da ricercatrice. Peccato però che a quel concorso la studentessa non avrebbe potuto partecipare – risultava già vincitrice di un dottorato assegnato dallo stesso Nisi – e il professore non lo avrebbe potuto giudicare. E per una serie di ragioni.

NON SI GIUDICANO I DIPENDENTI La Giglio infatti non era solo una dottoranda del professore ma era stata anche una sua “dipendente”. Tra il 2004 e il 2005, cioè solo tre anni prima del concorso, la ragazza era stata chiamata a far parte di un gruppo di progettazione quando Nisi era stato infatti chiamato a dare un volto alla nuova piazza De Seta di Fuscaldo. Ma ad assegnare quel lavoro al professore era stato – guarda caso – il padre della ragazza, Ezio Giglio, dirigente dell’Ufficio Tecnico del piccolo centro del Cosentino. E – forse per casualità, o forse no – proprio Francesca Giglio sarà scelta per assolvere a una delle condizioni imprescindibili per l’assegnazione del lavoro, prevista dal bando approvato dal dirigente: «L’obbligo di inserire nel gruppo di professionisti “un architetto iscritto all’albo da meno di dieci anni per agevolare la crescita professionale dei giovani”». Il nome – e solo quel nome – si leggeva nel bando – sarà indicato in seguito. Del resto, sarebbe stato quanto imbarazzante che il geometra Giglio affidasse un incarico alla figlia, l’architetto Giglio.

IL CONCORSO In realtà, più che alla crescita dei giovani in generale, il professore – a detta dei giudici – sembrava essere interessato a quella strettamente personale della sua pupilla. Non a caso, quando viene bandito un concorso per titoli ed esami per ricercatore in Tecnologia dell’Architettura non solo non ha ritenuto di astenersi, ma ha anche fatto di tutto perché fosse la sua “protetta” a vincerlo. A rimetterci è stata quella che anche in sede penale è stata ritenuta parte offesa, l’architetto Cinzia Nicosia, oggi assistita dall’avvocato Sergio Laganà, che si è vista sorpassare da quella che negli anni precedenti era stata una sua allieva.

DRIBBLING FRA I TITOLI Un compito non semplice – a Nicosia aveva fatto tutto il suo percorso accademico all’interno del Dipartimento, dove per sei anni aveva anche insegnato, ma senza tralasciare i rapporti con alti atenei, come le Università di Genova e Napoli, mentre la Giglio solo da un anno coadiuvava il professore – ma cui Nisi ha tentato quanto meno tentato di assolvere. Per gli inquirenti infatti, non solo avrebbe valutato i curriculum in maniera non obiettiva attribuendo alla Giglio un voto finale sovradimensionato, ma nel calcolo inseriva tanto l’incarico di progettazione che lui le aveva assegnato, come la borsa regionale biennale mai effettivamente svolta perché la procedura era stata bloccata dal ricorso di un altro candidato. E all’orale non sarebbe stato più obiettivo.

ORALE GENEROSO In quella sede, Nisi avrebbe forzato la mano «attraverso la formulazione di un giudizio sintetico espresso con aggettivazioni particolarmente generose ed un conseguente sovradimensionamento del voto finale», ma anche “dimenticando” di estrarre a sorte i quesiti da porre ai candidati. Giuridicamente, il risultato è stato l’attribuzione di un ingiusto vantaggio patrimoniale dato dalla non meritoria assegnazione della borsa di ricerca, ma in realtà il danno è stato molto più grave.

PORTE CHIUSE «Da allora – dice l’architetto Nicosia – sono rimasta disoccupata. Stavo in università da 16 anni, ma quando ho deciso di fare ricorso al Tar mi hanno tagliato fuori, nessuno mi ha rivolto la parola, alcuni mi hanno tolto anche il saluto. Ho capito che da lì me ne dovevo andare». Ma chiusa quella porta non c’è stato alcun percorso accademico per l’architetto. «Avrei potuto provare a bussare ad altre università ma ho capito che avrei solo messo in difficoltà altri docenti obbligandoli a dirmi di no o ad entrare in rotta di collisione con i colleghi. Sono rimasta a casa, mi sono dovuta reinventare una vita che non avesse nulla a che fare con quello che ho fatto, ma oggi sono disoccupata».

Alessia Candito
a.candito@corrierecal.it

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