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Scambio elettorale politico-mafioso, Zappalà sceglie il rito abbreviato

REGGIO CALABRIA Ha scelto di essere giudicato con il rito abbreviato l’ex consigliere regionale Santi Zappalà, dopo la condanna in appello a 2 anni e 8 mesi per corruzione elettorale aggravata, ria…

Pubblicato il: 18/01/2016 – 18:41
Scambio elettorale politico-mafioso, Zappalà sceglie il rito abbreviato

REGGIO CALABRIA Ha scelto di essere giudicato con il rito abbreviato l’ex consigliere regionale Santi Zappalà, dopo la condanna in appello a 2 anni e 8 mesi per corruzione elettorale aggravata, riarrestato nello scorso aprile per scambio elettorale politico mafioso. Insieme a lui, il prossimo 17 marzo dovranno presentarsi di fronte al gup Adriana Trapani, i coimputati Giuseppe Mesiani Mazzacuva, Vincenzo Pesce, Domenico Arena e Antonio Pelle. 
Rimane invece ancora da definire la posizione di Sebastiano Giorgi, Giuseppe Pelle, Sebastiano Pelle e Francesco Strangio. Per loro, sarà il gup a decidere se dovranno affrontare il giudizio di fronte ai giudici del Tribunale di Reggio. 
Per i pm, sono tutti a vario titolo coinvolti nel progetto mafioso di corruzione elettorale mirato a beneficiare Santi Zappalà, reso possibile dal clan Pelle che ha nel boss Peppe il suo capo. 
Un passaggio non di secondaria importanza dopo la sentenza della Cassazione che, proprio in relazione alla vicenda che era costata i primi processi all’ex consigliere regionale, aveva messo in discussione la mafiosità della famiglia Pelle, sottolineando la mancanza di elementi sufficienti per sostenerla. Elementi che proprio la sesta tranche del filone investigativo “Reale” sembra essere stata in grado di mettere insieme. Per i magistrati, Zappalà, per ottenere «una straordinaria affermazione elettorale» in occasione delle elezioni per il consiglio regionale della Calabria nel 2010, avrebbe messo a disposizione dei Pelle e di altre cosche della ‘ndrangheta, complessivamente, 400mila euro. Centomila euro sarebbero stati la quota parte dei Pelle, grazie ad un accordo diretto col capo del gruppo criminale, Giuseppe Pelle, detto “Gambazza”, mentre altri duecentomila sarebbero serviti per ottenere il sostegno elettorale dei Pesce di Rosarno e centomila sarebbero andati agli Strangio di San Luca.

L’INVOLONTARIA COLLABORAZIONE DI MAZZACUVA Una compravendita ricostruita anche grazie alle “indicazioni” involontariamente fornite da Giuseppe Mesiani Mazzacuva nel corso dell’interrogatorio di garanzia seguito al suo primo arresto. Senza che alcuna contestazione gli venisse mossa al riguardo, l’imprenditore si è affrettato a specificare che la somma di centomila euro cui si faceva cenno nelle conversazioni intercettate, in seguito riscontrata grazie a una scrittura privata trovata nel corso delle perquisizioni, sarebbe stata da ricondurre non ad un prestito – come immaginato dai pm e in quel documento falsamente affermato – ma alle attività politiche nella Locride dell’allora aspirante consigliere regionale. 
Una traccia importante per gli investigatori, che non ci hanno messo molto a incrociarla con i contatti con la cosca Pelle. Allo stesso modo, investigatori ed inquirenti sono riusciti ad incastrare i contatti di Zappalà con le cosche Commisso di Siderno, Barbaro Mano armata e Barbaro Castanu di Platì, Pelle Gambazza di San Luca, Pesce, Cacciola e Bellocco di Rosarno, Greco di Calanna e con esponenti apicali della Locale di ‘ndrangheta di Natile di Careri, con quanto emerso nell’inchiesta Inganno, l’indagine sulle ‘ndrine di Platì che ha fatto finire in carcere – ma non per reati di ‘ndrangheta – anche l’ex stellina dell’antimafia, Rosy Canale. E il quadro che ne è emerso – a detta degli inquirenti – mostra la ricerca, quasi scientifica, dell’appoggio dei clan in vista delle regionali.

ELEMENTI NUOVI DALL’OPERAZIONE INGANNO Un’ipotesi confermata anche dalle intercettazioni dell’ex sindaco di San Luca, Sebastiano Giorgi, considerato il referente politico-amministrativo dei clan del paese e per questo di recente condannato in primo grado a sei anni. Ascoltando le sue conversazioni, i Ros registrano quello che per gli uomini delle ‘ndrine del mandamento jonico era un dato acquisito: il “sorprendente” risultato di Zappalà nei centri della jonica era stato possibile solo dietro pagamento di cospicue somme. Alle ‘ndrine di San Luca, dice Giorgi intercettato, il 26 marzo 2010 Zappalà avrebbe versato la bellezza di 400mila euro per un pacchetto di voti, di cui 100mila euro sarebbero andati ai Pelle. Un dato confermato documentalmente grazie al lavoro delle Fiamme gialle, che hanno scoperto che, proprio il 26 marzo 2010, dieci assegni, del valore di 10mila euro ciascuno, sono finiti nella disponibilità di Mesiani Mazzacuva. Un giro vorticoso di denaro che il politico per anni è riuscito a nascondere grazie al sistema di società cartiere che ruotava attorno alla Fisiokinesiterapia Bagnarese srl. Stando a quanto emerso dalle indagini, la ditta, formalmente amministrata dalla moglie di Zappalà, grazie al sistema delle fatture inesistenti emesse da società di comodo, per anni avrebbe drenato denaro che avrebbe permesso di creare un fondo nero, inesistente per il fisco e destinato a finanziare le aspirazioni elettorali dell’ex consigliere regionale.

Alessia Candito
a.candito@corrierecal.it

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