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Il processo Armellini è a rischio prescrizione

REGGIO CALABRIA «Dietro le quinte dello spettacolo, sfruttamento, ricatti e menzogne»: recita così lo striscione che una delegazione di rigger di Roma e del sud Italia hanno voluto esporre oggi…

Pubblicato il: 21/01/2016 – 20:06
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Il processo Armellini è a rischio prescrizione

REGGIO CALABRIA «Dietro le quinte dello spettacolo, sfruttamento, ricatti e menzogne»: recita così lo striscione che una delegazione di rigger di Roma e del sud Italia hanno voluto esporre oggi di fronte al tribunale di Reggio Calabria, dove si è celebrata l’udienza del processo Armellini, l’operaio ucciso dal crollo del palco in allestimento per il concerto di Laura Pausini. «Siamo qui per stare vicini alla famiglia di Matteo, ma anche per fare capire quali siano le reali condizioni dei lavoratori dello spettacolo – dice Davide, uno dei rigger presenti  al presidio-  C’è una certa faciloneria nell’organizzare questi grandi eventi ed è la stessa che ha portato a tragedie come la morte di Matteo». Una tragedia che rischia di essere fagocitata dalla macchina della prescrizione, alimentata da un trasferimento del giudice, un  ruolo appesantito da oltre mille procedimenti iscritti e la rarefazione delle udienze.

INCUBO PRESCRIZIONE  Il procedimento per la morte di Matteo Armellini è a rischio. Il giudice incaricato, da giugno prenderà servizio a Palmi e toccherà ad altri gestire l’istruttoria fino alla fine. Inutili sono stati gli appelli ai collegi difensivi degli imputati perché – già da ora – dessero il consenso alla rinnovazione degli atti non appena il nuovo monocratico si insedierà. Qualcuno nicchia, qualcuno scherza, qualcuno non si esprime. È una richiesta irrituale, ma sebbene nessuno si azzardi a dire di no, non c’è neanche accordo. Il rischio è che, una volta insediato il nuovo giudice, tutti i testimoni che hanno già deposto debbano tornare in aula per ripetere quanto in precedenza messo agli atti, con conseguente dilatazione dei tempi necessari per arrivare quanto meno a una sentenza di primo grado. Impossibile anche immaginare di raddoppiare il numero di udienze mensili, come sollecitato dall’avvocato Alicia Mejia Fritsch che assiste Paola, la madre di Matteo. A ruolo – dice il giudice – ci sono oltre mille procedimenti e tutte le parti coinvolte premono perché si arrivi a conclusione. Impossibile immaginare di trovare anche solo un’altra giornata da dedicare alla vicenda. Nel frattempo l’orologio della prescrizione continua a correre. E si affievolisce la speranza di identificare fra i sette imputati portati a processo – Maurizio Senese (responsabile della Esse Emme Musica, promoter locale che aveva organizzato il concerto), Sandro Scalise (coordinatore della sicurezza per i lavori di costruzione della struttura), Franco Faggiotto (progettista), Pasquale Aumenta (responsabile della Italstage, società costruttrice del palco), Ferdinando Salzano (rappresentante della F&P Group, committente dei lavori di allestimento del palco alla Italstage), la stessa F&P Group, Marcello Cammera (all’epoca dirigente comunale dei Lavori pubblici) e Gianfranco Perri, (estensore del piano di sicurezza) – chi potrebbe essere penalmente responsabile della morte di un ragazzo di 31 anni.

SE CI SARA’ IL TEMPO Alla fine si decide di andare avanti. In aula sfilano due dei tre testimoni previsti per l’udienza di oggi, fra cui l’head rigger  – il caposquadra degli operatori che lavorano in quota – dalla cui deposizione emerge che se lo spaceroof – una parte della struttura sovrastante le torri  – fosse stato anche sorretto da tiranti o cavi di sicurezza, probabilmente non sarebbe crollato così rapidamente su chi sotto stava lavorando. Forse, Matteo avrebbe avuto il tempo di mettersi al riparo perché la struttura sarebbe scivolata su se stessa più lentamente. Questioni su cui saranno probabilmente una perizia disposta dal tribunale e il prossimo giudice designato a dire l’ultima parola. Sempre che si faccia in tempo a identificare chi – per la giustizia italiana – porta su di sé la colpa di quel palco divenuto una trappola mortale. Una tragedia personale per la famiglia Armellini, una storia già troppe volte ascoltata per gli invisibili del mondo dello spettacolo.

Alessia Candito
a.candito@corrierecal.it

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