Skip to main content

Ultimo aggiornamento alle 21:00
Corriere della Calabria - Home

I nostri canali


Si legge in: 4 minuti
Cambia colore:
 

Un “modello Reggio” per i beni confiscati

LAMEZIA TERME Giuseppe Falcomatà, sindaco di Reggio Calabria, non ha dubbi: «Il primato negativo che la Calabria detiene insieme alla Sicilia di beni confiscati, può diventare un fattore di positivit…

Pubblicato il: 27/02/2016 – 9:29
00:00
00:00
Ascolta la versione audio dell'articolo
Un “modello Reggio” per i beni confiscati

LAMEZIA TERME Giuseppe Falcomatà, sindaco di Reggio Calabria, non ha dubbi: «Il primato negativo che la Calabria detiene insieme alla Sicilia di beni confiscati, può diventare un fattore di positività». Le iniziative, portate avanti dalla sua amministrazione, hanno dimostrato infatti come il riutilizzo virtuoso dei beni sottratti alla criminalità organizzata può rappresentare un’occasione di crescita e di sviluppo per la comunità. L’esempio della città dello Stretto è stato il filo conduttore del dibattito che a Lamezia Terme ha portato a discutere su quale sia oggi il ruolo degli enti locali nella gestione dei beni confiscati. Il sistema del riutilizzo sociale dei beni appartenuti alla criminalità organizzata, retto dalla legge 109 del 1996, presenta ormai da anni numerose lacune. Una su tutte è un iter legislativo – dal sequestro alla confisca – troppo lento che il più delle volte porta ad una decadenza del bene stesso. Coro univoco tra i partecipanti è stata anche la difesa dell’Agenzia nazionale dei beni confiscati – fondata nel 2010 con la legge 50 – la cui sede potrebbe essere spostata da Reggio a Roma.
In veste anche di dirigente dell’Agenzia, Falcomatà ha portato la testimonianza di ciò che si è fatto nella città di Reggio: il centro civico nel quartiere di Archi, la nascita di una sartoria sociale e uno storico immobile che sarà utilizzato per ospitare gli uffici dell’Asp. Ma ha spiegato anche le azioni concrete che intende portare a termine: «Utilizzo dei beni da parte di soggetti che possano creare servizi per la società, arginare il problema abitativo con l’assegnazione di alloggi confiscati e garantire le attività delle aziende sequestrate per tutelare i lavoratori e utilizzare i fitti dei locali commerciali per creare un fondo da destinare all’acquisto di buoni libri per gli studenti reggini». Evidenziate anche le ultime iniziative, in ordine di tempo, che hanno portato alla nascita di un osservatorio sulle intimidazioni voluto dal Viminale e un decreto legge sulla sicurezza urbana. «C’è una percezione di poca sicurezza nelle strade delle nostre città soprattutto ora che la ‘ndrangheta è tornata ad intimidire – ha spiegato il sindaco reggino -. Queste iniziative non bastano, ma servono per dare un segno della presenza dello Stato sul nostro territorio». 
A parlare di un nuovo e attuale “modello Reggio” della legalità come monito per tutte le realtà calabresi e non solo, è stato il presidente della commissione contro la ‘ndrangheta, Arturo Bova: «Un modello altissimo e da seguire, soprattutto per le nuove generazioni che devono essere coinvolte all’interno dei progetti politici».
Per il sindaco di Lamezia Terme, Paolo Mascaro, intaccare il patrimonio dei mafiosi e l’unica soluzione per debellare il problema della criminalità organizzata. «Nel nostro comune abbiamo 21 immobili, a breve saranno 22 e nonostante le difficoltà economiche e burocratiche – ha affermato Mascaro – siamo riusciti a costruire dei veri e propri luoghi simbolo nella nostra città, in cui i cittadini possono identificarsi per combattere la mafia e l’illegalità». Doveroso il riferimento a don Giacomo Panizza, definito come il pioniere dei beni confiscati a Lamezia che è riuscito a costruire quei simboli della legalità di cui parlava Mascaro, portando avanti una battaglia quasi personale. «Gestire questi beni è un percorso che bisogna fare insieme perché non è solo una questione economica», le parole del prete in un brevissimo intervento fuori programma.
Infine, è toccato a Luigi Muraca, capogruppo di Lamezia Unita promotrice dell’evento, riassumere le possibili linea di azione emerse dal dibattito: utilizzare una parte del Fondo unico di giustizia (Fug) per il recupero dei beni; istituire un tavolo permanente tra l’Agenzia dei beni confiscati, le Procure, le prefetture e i Comuni; creare una rete di aziende confiscate; prevedere degli sgravi fiscali per le aziende o premialità di altro genere per non indebolire il tessuto economico; formazione per gli amministratori che dovranno avere uno spessore quasi manageriale; istituire un registro dei beni confiscati anche a Lamezia, così come è presente già a Reggio.

Adelia Pantano
redazione@corrierecal.it

Argomenti
Categorie collegate

x

x