REGGIO CALABRIA «E ora è diventata una sua cosa… e deve aprire anche se dicono no e se lo ammazzano m’ha detto che lo devo aprire lo stesso… che mi ha lasciato i soldi. Mi ha detto ci sono i soldi da parte e lo devi aprire lo stesso… e voglio la vendetta… ti lascio 10mila euro e vai da un serial killer per farli ammazzare». Era pronto a tutto Carmelo Nucera pur di aprire il suo Ritrovo Libertà. Agli Stillitano che gli avevano intimato di non alzare la saracinesca perché «nessuno si deve permettere a togliere il pane dalla bocca dei miei figli», alludendo ai clienti che avrebbe sottratto al loro troppo vicino Fashion caffè. Si era anche prodigato a parlare con quelli che la figlia definisce «i signori», i «santi», perché «uno se apre un posto deve andare a chiedergli il permesso al “re”», ma valutava anche le ipotesi più estreme. Incluso quello di rimetterci le penne. Per questo aveva pianificato anche la sua vendetta su commissione. Ma la figlia, alla zia confida «se lo ammazzano vado e li denuncio a tutti, li faccio arrestare… racconto tutti i cazzi». Perché nel mondo parallelo dei casati di ‘ndrangheta, la denuncia non è un dovere civico ma una ritorsione.
a. c.
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