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Ora il Pd deve cambiare passo

Sarà una corsa a tre (formalmente sono sei gli aspiranti sindaco) e sarà una corsa difficile per il Pd cosentino, non foss’altro per il fatto che due dei tre candidati favoriti provengono proprio dal…

Pubblicato il: 02/05/2016 – 15:02
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Ora il Pd deve cambiare passo

Sarà una corsa a tre (formalmente sono sei gli aspiranti sindaco) e sarà una corsa difficile per il Pd cosentino, non foss’altro per il fatto che due dei tre candidati favoriti provengono proprio dalle fila del Partito democratico.
«Ci presenteremo uniti – tuona Ernesto Magorno che quando trova chi gli cava le castagne dal fuoco ringalluzzisce – e quando il Pd è unito può vincere qualsiasi battaglia». A quale unità fa riferimento? Enzo Paolini ha rappresentato il Pd nella passata tornata elettorale e sotto le bandiere del centrosinistra ha guidato l’opposizione all’amministrazione di centrodestra capeggiata da Mario Occhiuto. Oggi corre per i fatti suoi e si porta dietro un pezzo di alleati del Pd: il Nuovo centrodestra e Scelta Civica.
Era una rottura inevitabile o qualcuno questa rottura l’ha voluta e perseguita per suoi inconfessabili e personalissimi interessi? Dove era Magorno quando la sua nomina di Ferdinando Aiello a coordinatore dei circoli cosentini veniva sbeffeggiata e stracciata? E dove si trovava quando il segretario provinciale Guglielmelli al Nuovo centrodestra che chiedeva un rinvio rispondeva: «Se volete firmare firmate, altrimenti quella è la porta». E quando Paolini presentava le firme per chiedere le “primarie”, come ha reagito Magorno, che pure dovrebbe essere il garante dello Statuto, ha tentato una mediazione, oppure ne ha approfittato per chiudere la porta in faccia a chi stava sulle scatole alla “premiata ditta”?
L’elenco è lungo, scorrerlo tutto è anche inutile.
Ora, a incendio divampato, si invoca l’intervento di Marco Minniti e si riscopre la capacità aggregante di Carletto, che pure una disponibilità a candidarsi l’aveva data sin dall’inizio, incassando il veto secco della “premiata ditta” e quello di seconda istanza del segretario regionale Ernesto Magorno. Una campagna elettorale aperta, ben fatta, regolata dalle primarie in modo da evitare spaccature in sede elettorale, quella non andava bene. Adesso, quando i suoi competitori sono in campagna elettorale da oltre un mese e le loro liste belle e confezionate, adesso Guccione può andar bene. Anzi va benissimo.
Comunque andranno le cose, va riconosciuta a Carletto Guccione una dote sempre più rara in politica: la generosità.
Anche questa volta Marco Minniti ha tirato via le castagne dal fuoco a Magorno ma, al di là dei discorsi ufficiali e delle pacche sulle spalle che ci si scambia in conferenza stampa, tutti sanno che le condizioni dettate da Minniti (che in questa circostanza parla anche a nome di Renzi, Lotti e Guerini), saranno indigeste a molti, non solo alla “premiata ditta”. Lo si comincerà a vedere già nella struttura chiamata ad occuparsi delle liste dei candidati e della comunicazione elettorale.
Resterà intatta la responsabilità della segreteria regionale e di quella provinciale per avere messo a rischio una competizione amministrativa che poteva essere vinta agevolmente. Le primarie negate a Paolini, si finisce col tenerle ugualmente in questo primo turno ma almeno la politica torna a casa sua, e lascia gli anfratti che l’hanno ospitata in questi mesi.
Attenzione, però, il Pd calabrese era e resta sull’orlo del precipizio. A Cosenza si è trovata una pezza ma a Rosarno no. Neanche a Cariati e neppure a San Luca. Tre segretari provinciali su cinque sono illegittimi da oltre due anni e il Pd calabrese è l’unico a non avere né una segreteria, né uno straccio di vicesegretario. Se si esclude Reggio Calabria, si afferma ovunque la più ottusa restaurazione. Vecchi arnesi riciclati o al massimo passaggio del testimone da padre a figlio(a).
Non basta la figura di Nicola Irto o quella di Giuseppe Falcomatà a riportare in attivo il bilancio di una conduzione regionale del partito ampiamente deficitaria e assolutamente fallace. Rivolta a far spazio ai manutengoli ed a sbarrare la strada a chi come, Gianluca Callipo, Vincenzo Capellupo o Massimo Canale, giusto per fare qualche nome, è servito per dare una faccia pulita e credibile al “nuovo” Pd.
Anche la gestione della sanità regionale e, più in generale, della stessa attività della giunta del governato(re) Oliverio restano quelle che appaiono: monumenti agli impegni di radicale cambiamento disattesi, traditi, svenduti.
Marco Minniti avrà anche un mantello taumaturgico ma non può coprire tutto e tutti.

direttore@corrierecal.it

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