REGGIO CALABRIA Scendono –rapidi – dalle quattro motovedette che li hanno accompagnati in porto. Non è ancora spuntata l’alba livida che di lì a poco inizierà a illuminare il molo dove ad attenderli ci sono i medici, i volontari, gli uomini delle forze dell’ordine, ma le operazioni possono iniziare. Intirizziti per le lunghe ore di attesa sul peschereccio in avaria al largo di Capo Spartivento, come per la traversata sulle rapide imbarcazioni della Capitaneria, i migranti appena sbarcati chiedono coperte, vestiti asciutti. Le squadre di medici li visitano rapidamente, poi tutti si rifugiano all’interno dei piccoli gazebo montati nell’area di sbarco. Lì la fredda brezza dell’alba non arriva. Alcuni si accoccolano a terra per riposare un po’, altri rimangono in attesa che le operazioni di identificazione comincino, studiando il foglio informativo per i richiedenti asilo. Sono circa quattrocento. Quasi tutti uomini, una ventina di donne, di cui tre in gravidanza, moltissimi minori, alcuni dei quali non accompagnati. Si tratta di stime approssimative, calcolate da occhi ormai allenati alla gestione di quello che sempre più appare come un vero e proprio esodo. Popoli diversi che si mettono in cammino solo per sopravvivere, attorno ai quali oggi si muove un sistema organizzato come un alveare. «Siamo stati avvertiti solo ieri sera – dice la responsabile della Protezione civile, Adriana Taglieri – questo sbarco non era previsto, ma siamo comunque riusciti ad organizzarci per garantire assistenza». Acqua per i tanti che arrivano disidratati, vestiti asciutti, qualcosa di dolce da mangiare per recuperare in fretta energie, ciabatte per chi ha perso le scarpe durante la traversata. Un viaggio che i volti stanchi e tirati dei migranti sbarcati rivelano per nulla facile. Il peschereccio in avaria che trasportava i migranti è stato avvistato nel pomeriggio al largo di Capo Spartivento e raggiunto in serata da quattro motovedette, su cui i profughi sono poi stati trasbordati. Un’operazione estremamente delicata e rischiosa, ma conclusasi senza gli incidenti che il mare agitato o nervosismo e paura possono provocare. Ma dopo anni di abbordaggi a pescherecci e barche fragili come gusci di noce, gli uomini di Capitaneria e Guardia costiera sanno come fare. Sanno come rassicurare i naufraghi per evitare che si accalchino tutti su un lato dell’imbarcazione, finendo per farla rovesciare. Sanno come imporre calma e ordine. Adesso invece toccherà agli uomini della Squadra Mobile cercare di capire chi abbia fatto salire i quattrocento migranti su quella barca, ma soprattutto chi fra loro fosse incaricato di condurli alle porte dell’Europa. Un’indagine da fare in fretta, prima che i migranti vengano trasferiti al centro d’accoglienza di Taranto, dove per ordine del Viminale sono stati destinati. Un’indagine che agenti e funzionari ormai regolarmente sono costretti a fare, ma che già in passato ha permesso di individuare diversi trafficanti di uomini. Di recente, proprio la Mobile di Reggio Calabria è riuscita ad identificare gli scafisti responsabili della morte di 45 migranti durante la traversata dalle coste della Libia. Arrestati prima che si confondessero tra le centinaia di disperati che avevano costretto a viaggiare come bestie, sono adesso in carcere in attesa del processo. Nei prossimi giorni, è fissato l’incidente probatorio necessario per raccogliere e rendere utilizzabili le deposizioni dei sette testimoni che hanno contribuito alla loro individuazione. Dopo, anche loro potranno proseguire il viaggio.
Alessia Candito
a.candito@corrierecal.it
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