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L'ombra della 'ndrangheta sul caos rifiuti a Roma

LAMEZIA TERME La questione politica tiene banco, insieme con i dossier sfornati nelle ultime settimane sulle scelte del Movimento 5 Stelle a Roma. Uno dei fronti caldi nello scontro attorno alla gi…

Pubblicato il: 05/09/2016 – 15:04
L'ombra della 'ndrangheta sul caos rifiuti a Roma

LAMEZIA TERME La questione politica tiene banco, insieme con i dossier sfornati nelle ultime settimane sulle scelte del Movimento 5 Stelle a Roma. Uno dei fronti caldi nello scontro attorno alla giunta guidata da Virginia Raggi è quello dei rifiuti. Un fronte già oggetto di un’audizione nella Commissione bicamerale sulle Ecomafie. 
La gestione di Ama, la società che si occupa della raccolta dei rifiuti nella capitale, è uno degli asset chiave per il futuro politico del Movimento. Se ne occupava, prima dell’ultima tornata elettorale, Daniele Fortini, protagonista di un duro contro con Paola Muraro, assessore all’Ambiente, oggi indagata proprio per i suoi rapporti decennali di consulenza con la municipalizzata. L’evoluzione della vicenda occupa da giorni le prime pagine dei quotidiani: ne va del futuro (amministrativo) della città e di quello politico della creatura di Beppe Grillo.
Tra audizioni e uscite pubbliche è emerso, però, un aspetto inquietante. Che lega – accade spesso – il business dei rifiuti e i clan calabresi. Lo ha svelato proprio Fortini in un’audizione davanti alla Bicamerale, ora disponibile in versione integrale. 
È il 2 agosto, quando il manager siede davanti a deputati e senatori: «Vorrei dire ancora molte altre cose su Ama – spiega –, a partire dal fatto che, come le ho anticipato, ci sono pericoli di inquinamento e condizionamento dell’azione dell’azienda».
Più che pericoli, però, sono fatti provati da contratti e forniture. «La constatazione più importante – è sempre Fortini a parlare – è che, quando affermiamo che l’azienda può essere ancora infiltrata da fenomeni criminali, non facciamo propaganda. Cito la società Pmr, i cui responsabili sono stati arrestati, in quanto appartenenti a un clan di ‘ndrangheta (ovviamente l’appartenenza è presunta, ndr), nell’operazione denominata “Alchemia”, che tra Genova, Reggio Calabria, Savona e Roma ha portato in carcere più di 40 persone. Si tratta di un clan di ‘ndrangheta molto pericoloso, che gestiva una quantità impressionante di società di malavita, precisamente 21, fra cui compaiono la Remaplast, con sede a Pomezia, la Remaservice, con sede a Roma, e la Pmr service, con sede a Roma». La Pmr, in effetti ha come amministratore unico e soci, rispettivamente, Giuseppe, Rosario e Maurizio Politi, tutti indagati dalla Procura antimafia di Reggio Calabria (il gip ha disposto l’arresto per il solo Rosario). Per la società, che opera nel settore del «recupero e preparazione per il riciclaggio di materie plastiche per produzione di materie prime» è stato disposto il sequestro preventivo.
Ma il sodalizio è ben conosciuto dalle parti di Roma: «In particolare – continua Fortini –, Pmr service gestiva la movimentazione dei rifiuti nelle vasche dei Tmb di Rocca Cencia e Salario». L’impianto di Rocca Cencia, sul quale la Procura di Roma ha aperto un’inchiesta, è proprio quello che ha “inguaiato” l’assessore Muraro. Fortini, però, spiega nel dettaglio la storia della Pmr: «È arrivata in Ama nel 2010 ed è rimasta fino al 2015, con affidamenti diretti, senza gara, per la movimentazione dei rifiuti, il noleggio a freddo dei mezzi d’opera – una volta anche il noleggio a caldo – nei nostri impianti, per un importo annuo di circa 900mila euro euro». Si tratta «una mansione delicata», secondo il manager. Che, oltretutto, dovrebbe essere svolta da dipendenti di Ama. Invece, nel periodo in cui lavorava Pmr non accadeva. «Quando – dice Fortini – nei primi mesi del 2015 l’ingegner Filippi (ex direttore generale di Ama, ndr) ha visitato gli impianti e si è reso conto che c’erano questi signori, che non ci dovevano essere, ha bandito la gara. Nel 2015 si sono avute delle offerte, dunque, dal gennaio del 2016 questi signori sono usciti. Se li avessero arrestati nel gennaio 2016 o se la gara avesse avuto tre mesi di ritardo, oggi Ama si troverebbe nella condizione di essere esposta, come è capitato ad altri, nel ciclone di un’inchiesta nazionale di ‘ndrangheta come un’azienda che, come minimo, è stata disattenta: erano – lo ripeto – tutti affidamenti diretti del valore di 900mila euro all’anno».
All’epoca «nessuno poteva saperlo», ma la presenza di una società che potrebbe essere legata ai clan calabresi non fa che arroventare il clima, già tesissimo, che si respira attorno al futuro del colosso romano dei rifiuti.

Pablo Petrasso
p.petrasso@corrierecal.it

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