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Uccisa dopo una rapina a Catanzaro, l'Appello conferma la condanna

CATANZARO La Corte di Assise di Appello di Catanzaro (Presidente Petrini, a latere Commodaro), ha confermato la sentenza di condanna a trent’anni di reclusione nei confronti Davide Veneziano, 27 anni…

Pubblicato il: 19/10/2016 – 8:37
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Uccisa dopo una rapina a Catanzaro, l'Appello conferma la condanna

CATANZARO La Corte di Assise di Appello di Catanzaro (Presidente Petrini, a latere Commodaro), ha confermato la sentenza di condanna a trent’anni di reclusione nei confronti Davide Veneziano, 27 anni di Catanzaro, responsabile dell’omicidio di Antonia Critelli, avvenuto in Catanzaro il 23 marzo 2009.
Antonia Critelli, madre dell’ex presidente della Confcommercio, Pietro Tassone, imprenditore di successo nel campo della panificazione, venne ritrovata cadavere nella propria abitazione, nel quartiere Pontepiccolo di Catanzaro. Si trattò all’evidenza di una rapina con morte della vittima. Per lungo tempo le indagini proseguirono senza esito.
Dopo l’isolamento del Dna rinvenuto sul luogo del delitto, gli investigatori riuscirono ad individuare i responsabili che vennero tratti in arresto.
Insieme a Veneziano (difeso dall’avvocato Pietro Chiodo), anche Silvano Passalacqua (difeso dall’avvocato Stefano Nimpo), all’epoca di quarant’anni, vennero tratti a giudizio per rispondere di rapina pluriaggravata e omicidio pluriaggravato in concorso.
I due imputati, scelsero di essere giudicati con il rito abbreviato ed il gup di Catanzaro, Giuseppe Perri, accogliendo le richieste del pm Fabiana Rapino e delle parti civili, Pietro Tassone (difeso dall’avvocato Nunzio Raimondi) e Domenico Tassone (difeso dall’avvocato Fabrizio Costarella), li condannò a trent’anni di reclusione.
Avverso questa sentenza ha proposto appello soltanto Veneziano in quanto il Passalacqua è nel frattempo deceduto. Il procuratore generale, Raffaella Sforza, ha chiesto la conferma dell’impugnata sentenza.
Stessa richiesta, con condanna al risarcimento del danno, è stata effettuata dagli avvocati di parte civile, Raimondi e Costarella. L’avvocato Costarella ha molto insistito sulla fondatezza del quadro probatorio a carico dell’imputato e sulla non configurabilità, nel caso di specie, del concorso anomalo e dell’omicidio preterintenzionale.
L’avvocato Raimondi ha illustrato gli elementi emersi sulla scena del crimine e quelli rinvenienti dalla Consulenza tecnica medico-legale d’ufficio, per smentire puntualmente le ricostruzioni degli imputati che, sulla base della sentenza di primo grado, ha definito «inverosimili».
L’avvocato Piero Chiodo ha difeso l’imputato con una lunga e articolata arringa, chiedendo infine l’assoluzione od in subordine una congrua riduzione di pena.
Dopo una lunga camera di consiglio la Corte ha confermato la sentenza di condanna anche in grado di appello a trent’anni di reclusione, condannando l’appellante al risarcimento del danno nei confronti delle parti civili costituite e alle ulteriori spese processuali.
Al termine del processo, il figlio della vittima, Pietro Tassone, che è stato presente in tutte le udienze del processo di primo e di secondo grado, visibilmente commosso, ha affermato che «non cesserà mai di onorare la memoria della propria madre chiedendo giustizia per il gravissimo fatto di sangue nel quale è rimasta coinvolta».
L’avvocato Nunzio Raimondi, dal canto suo, ha commentato così, la sentenza di secondo grado: «Non gioisco mai per una condanna, ma penso che in questo caso l’efferatezza dell’omicidio e la gravità della condotta posta in essere dall’imputato, non potesse essere retribuita che con una pena esemplare, come in effetti è avvenuto».

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