Scafista e terrorista, la jihad sbarca in Calabria – FOTO
CATANZARO L’operazione portata a termine dalla Dda di Catanzaro è una delle pochissime indagini in cui è stato verificato il collegamento diretto tra organizzazioni che pianificano il traffico di mig…

CATANZARO L’operazione portata a termine dalla Dda di Catanzaro è una delle pochissime indagini in cui è stato verificato il collegamento diretto tra organizzazioni che pianificano il traffico di migranti e propaggini del terrorismo islamico.
Partiamo dalla fine. In Calabria c’era un membro di Jabhat al Nusra (formazione jihadista considerata affiliata ad al Qaeda, anche se nel mese di luglio se ne sarebbe distaccata). Abo Robeih Tarif, 23 anni, era entrato in Italia passando dalle coste del Crotonese: dopo lo sbarco, avvenuto il 14 settembre 2014, era stato individuato come scafista, arrestato e rinchiuso nel carcere di Rossano. Ma successivi accertamenti avrebbero fatto emergere – nel corso di un’inchiesta della Guardia di finanza di Catanzaro coordinata dal procuratore capo di Catanzaro Nicola Gratteri, dall’aggiunto Giovanni Bombardieri e dal pm Paolo Petrolo – a suo carico elementi tali da indurre la Procura di Crotone a interessare la Dda di Catanzaro, competente per i reati in materia di associazioni con finalità di terrorismo. 
Ad “aiutare” i finanzieri nell’indagine è stato il contenuto di un notebook, di diversi dispositivi mobili e di varie sim telefoniche. Un enorme numero di file da esaminare, che avrebbe evidenziato la volontà dell’uomo di partecipare a possibili missioni suicide e la sua presunta appartenenza al fronte Jabhat Al Nursa, oltre alla grande disponibilità di armamenti bellici da parte delle milizie di cui era membro assieme al fratello.
Nelle chat l’indagato riportava notizie sui combattimenti, specificando di averle ricevute proprio dai suoi compagni d’armi, e dichiarava la propria volontà di vendetta per lo stato in cui era (ed è) costretta la Siria. Spiegava – in queste conversazioni recuperate dalla Guardia di finanza – di trovarsi in una zona di guerra, verosimilmente insieme con i ribelli delle città di Adleb e Hama. E approvava l’iniziativa di 50 miliziani che, per la causa, erano disposti al martirio per mietere più vittime tra i nemici nell’offensiva per l’occupazione e il controllo dell’aeroporto di Hama, in Siria.
(Abo Robeih Tarif in posa con una granata. Sulla bandana nera la scritta “Allah è grande”)
Il nemico, in particolare, era individuato nel governo siriano. I timori dell’indagato, sempre nelle conversazioni, erano legati alla preoccupazione che il materiale scambiato (per lo più foto) potesse finire nelle mani del governo guidato da Bashar al Assad.
I finanzieri, scandagliando l’hard disk, sono riusciti a estrapolare immagini, precedentemente cancellate, che ritraevano il presunto jihadista in posa con una granata da mortaio, vestito nella tipica tenuta nera delle milizie e con la bandana con su scritto “Allah è grande”. Attorno a lui, diversi combattenti con indosso corpetti esplosivi.
GRATTERI: «FACEVA PROSELITISMO» L’arresto del siriano «è la prova oggettiva dell’interesse del terrorismo sulla tratta degli immigrati. Non bisogna certo generalizzare e criminalizzare, ma deve fare scattare l’attenzione». Lo ha detto il procuratore capo di Catanzaro, Nicola Gratteri, illustrando i risultato dell’inchiesta della Direzione distrettuale antimafia di Catanzaro che avrebbe permesso di accertare che l’uomo appartiene al fronte Jabhat Al Nusra. «Siamo davanti ad un elemento di novità – ha spiegato Gratteri – perché quello che doveva essere uno scafista, in realtà faceva proselitismo». (ale. tru.)