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Delitto Cocò, «trovammo frammenti ossei»

COSENZA «Nella Fiat Punto bruciata sono stati trovati un bossolo, una montatura di occhiali, due mazzi di chiavi, frammenti ossei, tre monete e due anelli, di cui uno modello Trilogy nel bagagliaio»…

Pubblicato il: 02/12/2016 – 11:45
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Delitto Cocò, «trovammo frammenti ossei»

COSENZA «Nella Fiat Punto bruciata sono stati trovati un bossolo, una montatura di occhiali, due mazzi di chiavi, frammenti ossei, tre monete e due anelli, di cui uno modello Trilogy nel bagagliaio». Il tenente Angelo Salici, ufficiale del Ris di Messina, ha descritto lo stato della vettura bruciata nella quale è stato trovato il corpo del piccolo Cocò Campolongo, il bambino di soli tre anni ucciso e bruciato in auto nel gennaio 2014, a Cassano allo Jonio, assieme al nonno Giuseppe Iannicelli (52) e alla compagna marocchina di questi Ibtissam Touss (27). Il tenente è stato ascoltato come testimone dell’accusa nel processo a carico di Cosimo Donato, 38 anni, detto “Topo”, e Faustino Campilongo, di 39, detto “Panzetta”. I due sono accusati di triplice omicidio. In particolare, secondo l’accusa contestata dalla Dda di Catanzaro, i due avrebbero attirato in una trappola Giuseppe Ianniccelli, per conto del quale spacciavano droga, perché divenuto un personaggio scomodo per la cosca di ‘ndrangheta degli Abbruzzese e anche per aumentare il proprio potere criminale.
Cocò, secondo la ricostruzione fatta dai carabinieri del Ros e del Comando provinciale di Cosenza, sarebbe stato ucciso perché il nonno lo portava sempre con sé, come uno “scudo umano”, per dissuadere i malintenzionati dal colpirlo. Dopo il triplice omicidio, gli assassini bruciarono l’auto di Iannicelli con all’interno i tre corpi. La Corte (presieduta dal giudice Giovanni Garofalo, a latere la collega Francesca De Vuono) ha ascoltato il tenente Salici che fece alcune ispezioni sulla Fiat Uno di colore azzurro e su una Fiat Punto Gialla, che – ha detto – «era in pessime condizioni». Rispondendo alle domande del pm della Dda Saverio Vertuccio, il tenente ha riferito di aver trovato «ricalcate impronte digitali, residui genetici. Trovammo – ha aggiunto – tracce ematiche secche e una bottiglia di coca cola che è stata poi repertata. La Fiat Punto era danneggiata perché bruciata ed era piena di ceneri. Il bossolo è stato trovato sul sedile anteriore lato guida e – ha precisato – l’anello nel bagagliaio (dove è stato trovato il cadavere della marocchina, ndr)».

Particolari ribaditi anche dal maggiore Sergio Abate: «Nell’auto trovammo due proiettili completamente combusti, una camiciatura in ottone e altri proiettili che avevano tracce ematiche. La pistola che ha sparato era una 7,65».
È stato infine ascoltato Gaetano Santoro che lavorava nel riferimento di benzina Tamoil. Il teste ha raccontato alla Corte che vedeva Iannicelli ogni giorno e che il giorno del delitto lo ha visto scendere con una Punto. Ma che ha visto solo Iannicelli: «Vidi Peppe, cioè Iannicelli. Intuii che c’erano anche la signora e il piccolo però non li vidi. Ma erano sempre insieme». Il collegio difensivo è rappresentato dagli avvocati Vittorio Franco, Ettore Zagarese e Mauro Cordasco. Il processo è stato aggiornato al prossimo 16 dicembre.

Mirella Molinaro
m.molinaro@corrierecal.it

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