«Con Faccia di mostro c'era anche la "guerriera"»
REGGIO CALABRIA Per diverse Dda che su di lui stanno indagando, l’ex agente della squadra mobile di Palermo Giovanni Aiello è il killer di Stato che diversi pentiti chiamano Faccia di mostro. Ma potr…

REGGIO CALABRIA Per diverse Dda che su di lui stanno indagando, l’ex agente della squadra mobile di Palermo Giovanni Aiello è il killer di Stato che diversi pentiti chiamano Faccia di mostro. Ma potrebbe non aver lavorato da solo. Con lui c’era una donna «addestrata all’uso delle armi». A svelarlo all’ex procuratore della Dna, Gianfranco Donadio, è stato il controverso collaboratore Nino Lo Giudice, pentito, poi pentito di essersi pentito, oggi nuovamente, pare, disposto a collaborare. E proprio quanto raccontato al procuratore della Dna potrebbe aiutare a riscrivere pagine intere della storia della Repubblica.
I MISTERI DEL NANO Condizionale d’obbligo. Quel colloquio è stato sconfessato dal Nano nei due infuocati memoriali inviati da Lo Giudice nel corso della sua misteriosa fuga, conclusasi nel giro di pochi mesi con l’arresto del collaboratore. Da allora, dopo un periodo di mutismo, ha ricominciato a collaborare, ma su quanto dichiarato all’epoca – che si sappia – non ha fatto più parola. Ma di quel colloquio Donadio ha la registrazione, che ha promesso di inviare ai magistrati di Catanzaro di fronte ai quali ha denunciato Lo Giudice per calunnia. E non solo a propria tutela. Ma anche per preservare possibili importanti sviluppi investigativi. Nel corso di quel colloquio, il Nano ha svelato un particolare importante. Con Aiello – ha riferito l’ex procuratore della Dna ai magistrati di Catanzaro – c’era «una donna, che lui chiama “una donna guerriera”».
L’OMBRA DI GLADIO SULLE STRAGI È un dato non neutro per il magistrato, perché – spiega – «da tempo l’ufficio della Dna selezionava ipotesi ricostruttive di profili di donne sostanzialmente di matrice terroristica coinvolte nelle stragi, perché è noto che a via Palestro era comparsa una donna bionda, abbiamo trovato imponenti tracce dell’operatività di una donna anche a via Farro e anche a Firenze a via dei Georgofili». Anche la donna di cui ha parlato Lo Giudice è bionda. Ed aveva – aggiunge Donadio, ricordando quel colloquio – «particolare attitudine all’uso delle armi». Sono informazioni, sottolinea il magistrato, che il Nano non ha rivelato a cuor leggero. Anche il nome della donna, solo dopo molte esitazioni è venuto fuori. Insieme a un ulteriore importante dettaglio: la “guerriera” non sarebbe stata formata solo da Aiello, ma anche in campi paramilitari vicino ad Alghero. Esattamente dove sono state addestrate le milizie di Gladio. Un’organizzazione – è emerso già ai tempi della specifica commissione parlamentare – che comprendeva anche 17 “gladiatrici”, spesso mogli o compagne degli uomini in servizio, ma come loro perfettamente operative.
CONFERME DA CATANIA Si tratta di un dato importante perché da tempo – informa Donadio – la Dna indaga sulla «operatività di una organizzazione di stampo terroristico, che ha affiancato “Cosa Nostra” nella stagione stragista». Altri collaboratori, di mafia e di ‘ndrangheta, da tempo, hanno parlato di donne armate e addestrate, comparse sulla scena delle stragi o entrate nell’orbita dei clan. «Una fonte dichiarativa diciamo nel filone catanese, il Di Giacomo – racconta Donadio – nel parlare dell’abilità all’uso delle armi e del profilo terroristico della donna che si accompagnava a questo personaggio ex poliziotto (Aiello ndr) – “guardia” lo chiamava il Di Giacomo- ci avevano detto che aveva origini campane».
Mettendo insieme tutte le informazioni raccolte, spiega il magistrato, sono state fatte specifiche acquisizioni presso i servizi segreti civili (l’ex Sisde, ndr), mentre all’Ucigos è stato chiesto di isolare i possibili profili di donne orbitanti nella sfera di Gladio. E un nome è stato individuato. Su di lei la Dna sta approfondendo. Ma per adesso tutto rimane top secret.
Alessia Candito
a.candito@corrierecal.it