CATANZARO Una task force per obbligare i Comuni mettere in atto tutte le procedure necessarie per fronteggiare il rischio terremoto/maremoto. È l’ultima iniziativa del capo della Protezione civile Carlo Tansi, che ha scelto una terapia d’urto per scuotere sindaci e amministratori locali fin troppo indolenti.
Amatrice e i terremoti che hanno squassato il centro Italia non sembrano aver insegnato niente agli amministratori locali della Calabria. Oggi solo il 69% dei 409 Comuni è dotato del Piano d’emergenza, un documento obbligatorio e indispensabile per prevenire i rischi in caso di terremoti e altri eventi naturali e per facilitare le eventuali operazioni di soccorso. La legge (la 100 del 12 luglio 2012) stabiliva l’approvazione dei piani entro 90 giorni dalla sua approvazione. Sono passati più di 4 anni, ma ancora in Calabria soltanto 282 Comuni si sono in qualche modo adeguati alle direttive nazionali. Il restante 31% è tuttora sprovvisto di uno strumento essenziale sia per far sapere ai cittadini come comportarsi nelle situazioni di pericolo sia per organizzare i soccorsi della Protezione civile e delle istituzioni in generale.
La situazione resta critica, ma è già migliorata rispetto a due anni fa, quando i Comuni dotati di Piano erano soltanto 220 (54%). Il merito va soprattutto alla Protezione civile regionale guidata da Carlo Tansi, che, fin dal suo insediamento, ha avviato un confronto serrato con i sindaci e le amministrazioni locali al fine di permettere al maggior numero di Comuni di essere preparati in caso di un’imprevedibile calamità naturale. La strada da fare è però ancora lunga e l’attivismo della Prociv va spesso a sbattere con le lungaggini delle burocrazie municipali.
L’URGENZA Adesso l’obiettivo principale di Tansi e del suo team è di entrare in possesso nel più breve tempo possibile di tutte le informazioni necessarie per poter reagire tempestivamente a un’emergenza naturale. Per farlo il capo della Prociv ha messo insieme una squadra composta da 140 tecnici (60 della Protezione civile più 80 volontari) che avrà il compito di acquisire tutte le informazioni utili Comune per Comune. Un servizio “porta a porta” che avrà inizio la prossima settimana e dovrebbe concludersi alla fine di gennaio. «È un’operazione necessaria – spiega Tansi – perché in caso di gravi eventi naturali dobbiamo conoscere tutte le aree d’emergenza e avere i numeri di telefono dei responsabili dei vari Comuni».
I dati di base raccolti confluiranno successivamente in un portale web a disposizione di tutti i municipi calabresi e all’interno del quale saranno elencate tutte le aree d’emergenza, i numeri utili e perfino la catalogazione della vulnerabilità degli edifici scolastici. «Entro il 31 ottobre – assicura inoltre il capo della Prociv – sul sito sarà presente la ricognizione di tutti i territori con i dati completi».
LE APP Un altro problema, non secondario, riguarda la divulgazione dei Piani d’emergenza già approvati. I cittadini, molto spesso, non sono informati e non saprebbero come agire nella malaugurata ipotesi di un terremoto o di un’alluvione. «Per questo motivo – dice ancora Tansi – stiamo lavorando a un progetto sperimentale, in collaborazione con l’Unical e con il professor Mauro Francini, per la creazione di una app che sarà in grado di guidare le persone in pericolo verso le vie di fuga e le aree d’emergenza. Stiamo già testando un’altra applicazione, che abbiamo chiamato “Easy alert”, che permetterà agli utenti di segnalare prontamente alla nostra sala operativa eventi come alluvioni, piene dei fiumi o altre calamità».
ZONA ROSSA I Piani d’emergenza, le informazioni in rete, la tempestività degli interventi e il raccordo Protezione civile/Comuni sono tutti aspetti imprescindibili per una regione a forte rischio sismico come la Calabria, che ha una vulnerabilità altissima (per la fragilità del patrimonio edilizio e infrastrutturale) e un’esposizione altrettanto elevata per densità abitativa e presenza di un patrimonio storico e artistico in zone interessate da faglie attive.
L’ultima classificazione sismica, che risale al 2004, colloca buona parte della regione nella “zona rossa”, la più pericolosa. Questo perché la Calabria si trova nel punto di contatto tra Europa e Africa, le cui rispettive placche si stanno avvicinando a una velocità di 7 millimetri all’anno.
MAREMOTI La Protezione civile italiana, tra l’altro, ha già inviato le direttive per l’istituzione del Siam, il Sistema di allertamento nazionale per i maremoti generati da sisma. Si tratta di una strategia diversa da quella finora utilizzata per altre calamità naturali, dal momento che di fronte a un eventuale tsunami il tempo di reazione non dovrebbe superare i 15 minuti. Il sistema deve essere dunque centralizzato attraverso un rapporto immediato con i Comuni.
Rientra in questo piano l’iniziativa della Prociv regionale che, lo scorso 23 novembre, ha chiesto ai singoli municipi costieri calabresi i riferimenti dei responsabili a cui inviare le comunicazioni delle allerte, in modo da inserirli nella piattaforma informatica che ne gestirà la diramazione. In particolare, i Comuni dovevano fornire i numeri di un cellulare abilitato a ricevere sms e messaggi vocali e un indirizzo mail per i messaggi.
IL CASO SCILLA I tempi di reazione, anche in questo caso, sono stati diversi. Molti Comuni, circa 75, hanno ricevuto un sollecito della Prociv per via della loro mancata risposta alla direttiva entro il termine stabilito, il 25 novembre.
Ci sono però anche casi virtuosi. Proprio ieri a Scilla, paese tirrenico della provincia di Reggio, l’amministrazione comunale ha pubblicato un avviso pubblico per invitare i cittadini a fornire i propri numeri di telefono, che saranno successivamente inseriti in un gruppo Whatsapp da cui verranno comunicate le eventuali allerte maremoto. Il sindaco Pasquale Ciccone ha anche annunciato di voler installare delle sirene acustiche nei quartieri marini, da attivare in caso di pericolo.
Pietro Bellantoni
p.bellantoni@corrierecal.it
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