REGGIO CALABRIA REGGIO CALABRIA Che Auc e Farc non si siano mai potute soffrire non è una notizia. Ma per la prima volta nella storia della guerra sucia colombiana – e questa sì lo è – i contras delle Aguilas Negras hanno usato inquirenti e investigatori italiani per dar fastidio ai guerriglieri delle Farc. E forse – dicono alcuni osservatori – per tentare di sabotare il processo di pace, all’epoca in incubazione, culminato nella firma del trattato di qualche mese fa. Un tentativo di destabilizzazione naufragato, contrariamente all’inchiesta Buena Ventura della Dda di Reggio Calabria, che a partire dalla “soffiata” arrivata via mail dalle Aguilas Negras è riuscita a ricostruire una rete di importazione diretta di cocaina dalla Colombia. In manette sono finite 18 persone, di cui 14 in carcere e 4 ai domiciliari, bloccate in mattinata fra la provincia jonica di Reggio Calabria, Milano, Napoli, Bologna e Pescara.
GLI ARRESTATI Ordinanza di custodia cautelare in carcere: Giovanni Palamara, nato a Bova Marina, 57 anni, Rocco Morabito, nato ad Africo, 66 anni, Massimiliono Bortone, nato a Bologna, 46 anni, Michele Galati, nato a Milano, 46 anni, Rocco Modaffari, nato a Bova Marina, 57 anni, Renato Sansò, nato a Napoli, 64 anni, Arturo Sansò, Napoli, 37 anni, Umberto Sacco, San Luca, 56 anni, Santo Palamara, Locri, 26 anni, Francesco Fiore, Melito Porto Salvo, 45 anni, Filippo Mittiga, Locri, 41 anni, Cecilia Ciresica Lacatus, Romania, 31 anni, Paolo Manzo, Pescara, 57 anni, Mirco Marzo, Pescara, 35 anni. In carcere anche il narcors colombiano Carlos Eulogio Esquivel Lozada, 61 anni. Agli arresti domiciliari: Luigi Sivitilli, Pescara, 51 anni, Chistian Alberoni, Bologna, 42 anni, Rocco Cannata, Gela, 43 anni, Marco Cannata, Milano, 38 anni.
I PROTAGONISTI Per gli investigatori della Squadra mobile di Reggio Calabria, supportati dal Servizio centrale operativo della polizia di Stato e dalla Direzione centrale per i servizi antidroga, sono tutti a vario titolo legati al potentissimo clan Morabito-Bruzzaniti-Palamara. Un ruolo centrale nell’organizzazione per gli inquirenti toccava a Rocco Morabito (classe ’51) formalmente dipendente di una ditta di import-export di prodotti congelati, ma considerato dagli investigatori l’elemento centrale sull’asse Calabria-Colombia, e Giovanni Palamara, (classe ’60), noto narcotrafficante italiano legato al clan di Africo Morabito-Palamara-Bruzzaniti la cui presenza fissa in Colombia è stata segnalata dalla fazione delle Auc Aguilas Negras alle autorità italiane. L’INDAGINE Secondo quanto spifferato dai paracos, Palamara con l’appoggio dei guerriglieri del VI fronte delle Farc avrebbe inviato dal Cuaca ingenti quantitativi di coca. Tutte indicazioni – ha spiegato il procuratore capo della Dda di Reggio Calabria, Federico Cafiero de Raho – confermate dalle indagini, che in due anni sono riuscite a ricostruire «la rete di un’organizzazione estesa su tutto il territorio nazionale con forti agganci transnazionali in Colombia, soprattutto, ma anche in Ecuador e Perù, capace di introdurre in Italia non meno di 35 chilogrammi per volta di cocaina».
NDRANGHETA MONOPOLISTA DELLA COCA Al vertice dell’organizzazione c’era il noto clan della Locride che poi si occupava di smistare la cocaina in tutta Italia. «Questa attività – ha sottolineato il questore Raffaele Grassi – ha fatto emergere ancora una volta la capacità della ‘ndrangheta e dei suoi referenti criminali su tutto il territorio nazionale, di essere organizzazione privilegiata da parte dei narcos dei vari Paesi centroamericani, tant’è che suoi esponenti di particolare “prestigio” criminale usavano soggiornare lunghi periodi in Colombia, come Giovanni Palamara». UN FIUME DI DROGA La droga – hanno scoperto gli uomini della Squadra mobile in oltre due anni di indagine – arrivava in Italia, verosimilmente nel porto di Gioia Tauro, nascosta in container di frutta o di pesce surgelato, oppure con i “muli” su aerei di linea. «Uno di loro, Fabio Monizza – racconta il capo della Squadra Mobile di Reggio, Francesco Rattà – è stato fermato all’aeroporto di Barajas a Madrid. Sulle gambe aveva attaccato con lo scotch decine di buste di cocaina, lasciando libere solo le ginocchia per poter camminare». DALLA
LOCRIDE ALLE PIAZZE ITALIANE Tutti traffici ricostruiti grazie a migliaia di intercettazioni telefoniche, telematiche e ambientali, condensate in oltre 500 pagine di informativa della Polizia, che hanno permesso di ricostruire una rete complessa e articolata che dal cuore della Colombia arrivava fino ad una rivendita di pesci surgelati provenienti dal Sudamerica aperta dagli uomini dei Morabito- Bruzzaniti- Palamara nel cuore della Locride, come a diverse piazze di spaccio in Italia. Il clan rivendeva infatti partite di cocaina a diverse gang criminali con sede a Napoli, come a Pescara.
IL FINANZIERE COLLUSO “L’indagine– spiega il procuratore Cafiero de Raho – ci ha permesso di individuare alcuni basisti che lavoravano come dipendenti dell’aeroporto di Bologna, ma anche un finanziere che secondo noi è coinvolto nell’organizzazione Per lui avevamo chiesto l’arresto, ma richiesta è stata respinta dal gip”. Per il giudice, il militare è solo un consumatore e solo per questo aveva contatti diretti e continuati con uno dei corrieri del clan. Sebbene fosse in servizio all’aeroporto di Bologna– si legge nell’ordinanza –non ci sarebbero elementi per provare la partecipazione dell’uomo alle attività del clan. Ma la Dda non è convinta. E sul gruppo continua a indagare. Anche perché «Abbiamo motivo di credere- spiega il capo della Mobile Rattà – che oltre alla Colombia la coca sia stata importata dal Perù, dall’Ecuador e dalla Repubblica Domenicana». E su questo c’è ancora da approfondire.
Alessia Candito
a.candito@corrierecal.it
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