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Gotha, rinviato a giudizio lo spione dei clan

REGGIO CALABRIA Dovrà presentarsi di fronte ai giudici lo spione dei clan Giovanni Zumbo. A causa di una serie di difetti di notifica, la sua posizione era stata stralciata nel corso dell’udienza p…

Pubblicato il: 27/03/2017 – 14:36
Gotha, rinviato a giudizio lo spione dei clan

REGGIO CALABRIA Dovrà presentarsi di fronte ai giudici lo spione dei clan Giovanni Zumbo. A causa di una serie di difetti di notifica, la sua posizione era stata stralciata nel corso dell’udienza preliminare del processo “Gotha” e gli atti erano tornati in Procura. Sanate le irregolarità procedurali e tornato davanti al gup, per l’ex amministratore di beni confiscati, che in curriculum vanta anche un incarico nella segreteria dell’ex segretario regionale Alberto Sarra, non c’è stato dubbio alcuno. Il gup ha disposto il rinvio a giudizio e a breve il procedimento a suo carico sarà probabilmente riunificato con il filone principale, che il prossimo dieci aprile approderà di fronte ai giudici del Tribunale di Reggio Calabria.

LE ACCUSE Per i magistrati, Zumbo, storicamente vicino al clan De Stefano, è uno dei riservati a disposizione della direzione strategica della ‘ndrangheta addetto «alla canalizzazione delle predette riservate informazioni a favore del complesso sistema criminale di appartenenza». Ma non solo. È lui il professionista cui i clan si sarebbero affidati per perfezionare l’infiltrazione in Multiservizi, società mista del Comune di Reggio Calabria addetta alla manutenzione ordinaria in città in seguito sciolta per mafia.

PRECEDENTI Zumbo è già stato condannato in via definitiva a 11 anni di carcere per aver spifferato all’orecchio del boss Pelle anticipazioni sull’indagine Crimine, e per aver collaborato attivamente al ritrovamento di un falso arsenale il giorno della visita a Reggio Calabria dell’ex presidente della Replubblica Giorgio Napolitano. Un processo che il diretto interessato ha seguito in assoluto silenzio, rotto solo in un’occasione. Prima che i suoi legali iniziassero l’arringa nel processo Piccolo Carro, Zumbo ha chiesto al giudice la parola per affermare: «Sono un organo dello Stato». Un rapporto che aveva rivendicato anche immediatamente dopo il suo arresto, quando al procuratore capo di Reggio, Giuseppe Pignatone, Zumbo aveva dichiarato non solo di essere dei servizi, ma anche di aver «incontrato l’ex funzionario Mancini che scese a Reggio Calabria, ma dell’argomento preferirei non parlare».
Una circostanza confermata solo in parte nel corso dell’istruttoria del processo “Piccolo Carro” da Corrado D’Antoni, ex responsabile Sismi a Reggio, secondo il quale il rapporto fra i Servizi e Zumbo avrebbe goduto dell’avallo di Mancini, con il quale lo spione dei clan si sarebbe effettivamente anche incontrato un’unica volta a Reggio Calabria. Per il maresciallo della Guardia di Finanza Alessio Adorno però sarebbero andati ben oltre: «Zumbo ha avuto più di un incontro con lui qui a Reggio, ma anche a Roma. Più di una volta è andato nella Capitale per incontrarlo». Contatti che avrebbero riguardato anche quell’attentato al Comune del 2005 di cui tanto Mancini come il suo ex capo Pollari a Reggio Calabria sembravano essere a conoscenza con largo anticipo: «Il funzionario di Roma, il diretto superiore di D’Antoni – ha detto Adorno – ne era a conoscenza e avrebbe informato Zumbo».
Come annunciato a Pignatore, di Pollari o Mancini lo spione non ha mai inteso dare alcuna indicazione. Ma qualcosa – intercettato – se l’è lasciata sfuggire. Ascoltato a casa Pelle, Zumbo racconta al boss «ho fatto parte di… e faccio parte tutt’ora di un sistema che è molto, molto più… vasto di quello che… ma vi dico una cosa e ve la dico in tutta onestà… Sunnu i peggiu porcarusi du mundu!». Intercettato dalle cimici degli investigatori, durante un colloquio con la moglie nel carcere di Opera, Zumbo confessa invece alla moglie, Maria Francesca Toscano: «Io lavoravo per lo Stato», snocciolando uno dopo l’altro i nomi di Corrado D’Antoni e dell’allora suo diretto superiore Marco Mancini a riprova della sua “appartenenza”. Ma soprattutto – rivela in quell’occasione – «sono sempre stato uno che ha lavorato… ha lavorato con loro, gli ha fatto le misure di prevenzione».

IL SILENZIO DI ZUMBO Ed è per questo, dice l’ex commercialista che «non posso toccare determinati argomenti… perché sennò smuovo pure…». I verbali di quel colloquio sono frammentati e costellati di omissis, lo stesso Zumbo sembra aver timore di pronunciare il nome di un uomo che scrive su un foglietto e mostra alla moglie che si limita a esclamare «Lui!». Personaggi importanti che hanno bisogno di essere tutelati con il silenzio: «Devi capire che se io sono qua dentro è perché pure non voglio mettere in mezzo determinate persone, e tu mi dici (incomprensibile) cioè se no io lo dico (incomprensibile) perché mi hai portato con questo … allora stai pensando male di me… omissis…».

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