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Unionfidi Calabria a rischio dopo l’ispezione di Bankitalia

COSENZA La mannaia su Unionfidi Calabria potrebbe calare ufficialmente da un momento all’altro. Una decisione della Banca d’Italia attesa da giorni e non ancora recapitata agli uffici della struttu…

Pubblicato il: 13/07/2017 – 15:23
Unionfidi Calabria a rischio dopo l’ispezione di Bankitalia

COSENZA La mannaia su Unionfidi Calabria potrebbe calare ufficialmente da un momento all’altro. Una decisione della Banca d’Italia attesa da giorni e non ancora recapitata agli uffici della struttura, a Torino e Cosenza. Ma se l’aspettano tutti. Soprattutto gli otto dipendenti dell’ex Confidi, che vedono a rischio il proprio posto di lavoro (anche se ci sono speranze di “salvataggio”, come vedremo). La faccenda è più che altro subita dall’Unionfidi calabrese, incorporato da Unionfidi Piemonte tra il 2014 e il 2015. E infatti, proprio nel bilancio “piemontese”, l’ispezione della Banca d’Italia avrebbe scovato un “buco”. Da cui la richiesta: per coprire un portafoglio crediti che appariva deteriorato, i tecnici di Bankitalia hanno chiesto di effettuare degli accantonamenti importanti. Risultato: una volta messe in atto queste direttive, il patrimonio di Unionfidi sarà eroso al punto da non poter più rilasciare garanzie. Un bel guaio, con due rischi si spera soltanto potenziali e cioè quello della perdita dei posti di lavoro e della possibilità, per le aziende calabresi, di ottenere garanzie. 

I NUMERI La joint venture tra i due Confidi di Calabria e Piemonte ha permesso alla struttura di Unindustria regionale di fondersi con un ente storico con oltre 15mila soci. Che ha dovuto, però, fare i conti anche lui con la crisi globale e i fallimenti delle imprese. Una morsa che ha eroso il patrimonio di partenza. I Confidi, infatti, non muovono direttamente denaro: erogano garanzie a favore delle ditte. E, se queste falliscono, intervengono con il loro patrimonio per “coprire” le banche. Un meccanismo che negli ultimi anni si è purtroppo attivato spesso. Assieme a un’altra sventura. Infatti, mentre Regioni come la Campania e la Puglia sono intervenute per rimpinguare i bilanci dei “loro” enti (rispettivamente con 100 e 60 milioni), il Piemonte ha chiuso le porte ad aumenti di capitale. E la Calabria ha stanziato 1,5 milioni di che, però, non si è riusciti a portare a patrimonio. Così, quando l’ispezione di Bankitalia ha chiesto di accantonare 11 milioni di euro sottraendoli al patrimonio, questo si è “spogliato” eccessivamente, vanificando l’operatività degli Unionfidi. 

OPZIONI E STRATEGIE Due le possibili strade da tentare una volta acquisiti i rilievi degli ispettori. La prima: la richiesta di un aumento di capitale ai 15mila soci. C’è un precedente: nel 2011 il tentativo andò quasi a vuoto; Unionfidi Piemonte riuscì a portare a casa circa 1,2 milioni di euro. Con questa opzione scartata la scelta è ricaduta su una liquidazione volontaria. Il commissario – si stima in un tempo di tre o quattro mesi – dovrà riesaminare tutte le pratiche per capire se le richieste di Bankitalia possano essere ridimensionate (gli 11 milioni sono calcolati su un campione di pratiche analizzate). A quel punto, se la cifra dovesse scendere, si potrà tornare “al lavoro”, anche – eventualmente – attraverso una fusione con un altro Consorzio Fidi. Le strade sono tutte aperte. Anche quella di un restyling del personale. Opzione, però, che non dovrebbe riguardare il versante calabrese, dove i dipendenti sono otto. In Piemonte, invece, sono più di 60. (ppp)

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