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Delrio al processo Aemilia: sapevamo di Grande Aracri a Brescello

REGGIO EMILIA Nell’incontro del 2012 in cui accompagnò alcuni consiglieri comunali di origine calabrese dal prefetto Antonella De Miro, «non era in discussione lo strumento delle interdittive, ma i…

Pubblicato il: 18/07/2017 – 17:13
Delrio al processo Aemilia: sapevamo di Grande Aracri a Brescello

REGGIO EMILIA Nell’incontro del 2012 in cui accompagnò alcuni consiglieri comunali di origine calabrese dal prefetto Antonella De Miro, «non era in discussione lo strumento delle interdittive, ma il fatto che nella comunità cutresi non ci fossero persone perbene». Lo afferma nell’aula reggiana del processo Aemilia il ministro Graziano Delrio, ex sindaco di Reggio Emilia dal 2004 al 2013, citato come testimone dalla difesa degli imputati Gianluigi Sarcone, Pasquale Brescia e Francesco Scida. Delrio spiega che «a fronte di una crescita dell’opinione pubblica e di notizie allarmanti che emergevano sulla stampa, qualcuno si sentiva ingiustamente accomunato ai delinquenti e questo è un fenomeno da stigmatizzare perché i cittadini reggiani sono sia di origine cutrese che non. Quelli che fanno i delinquenti lo fanno e le persone perbene non devono dire da dove vengono per dimostrarlo». Dunque, prosegue il ministro, «ci fu un disagio vero, percepito, che però nulla toglie al fatto che era importante e giusto che la comunità civile prendesse coscienza del fenomeno». In questo contesto «i consiglieri comunali mi chiesero di poter manifestare la loro solidarietà per l’azione contro la ‘ndrangheta ma anche la preoccupazione che ci fosse una stigmatizzazione generale verso i cutresi», aggiunge il ministro.
Agli avvocati che domandano se avesse avuto sentore del fenomeno della ‘ndrangheta sul territorio, Delrio risponde: «Certamente. Sapevamo che a Brescello c’era la presenza della famiglia Grande Aracri, conoscevamo i processi e le condanne definitive e quindi sapevamo che nel territorio reggiano in senso lato, cioé in provincia c’era questa presenza. Erano notizie note al punto che, visto che dalle Forze dell’ordine non arrivavano evidenze dirette di penetrazione della criminalità organizzata, chiedemmo di fare un’inchiesta sulle risultanze processuali coordinata dal professore Enzo Ciconte che fu poi ripetuta nel 2010». Questo perché, «avevamo la percezione che anche Reggio Emilia potesse diventare bersaglio dell’azione criminale». A fare la differenza nella lotta alle infiltrazioni e a determinare la presa di consapevolezza della comunità, fu però secondo Delrio il protocollo firmato dal Comune a maggio del 2011 con la Prefettura, che aprì la stagione delle interdittive antimafia. «Fu con l’azione mirata del prefetto De Miro che la coscienza a Reggio divenne per fortuna molto più forte». Delrio parla anche dei rapporti con l’associazione dei costruttori edili, per la maggior parte di origine calabrese, Aier e con il suo presidente Antonio Rizzo. «L’Aier fu ricevuta come tutte le associazioni che ne facevano richiesta dall’assessore all’Urbanistica ed esaminammo una loro porposta su come utilizzare l’invenduto che rimaneva dopo una stagione di grande espansione urbanistica. In giunta ritenni di non far passare questa proposta amministrativa». In merito al presidente dell’associazione, Delrio spiega: «Rizzo abita nella località dove abito io a Canali, avevamo degli amici in comune e lui è sempre stato un mio sostenitore politico».

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