ROMA Il 2016 è stato positivo per il Sud, il cui Pil è cresciuto dell’1%; più che nel Centro-Nord, dove è stato pari a +0,8% e quest’anno il Pil dovrebbe aumentare dell’1,1% al Sud e dell’1,4% nel Centro-Nord. È quanto sostiene lo Svimez che sottolinea come il mezzogiorno «agli attuali ritmi, recupererà i livelli pre-crisi nel 2028, 10 anni dopo il centro-nord». Nell’evidenziare «l’importante recupero del settore manifatturiero meridionale» e l’andamento positivo del turismo, lo studio fa presente che si sono registrati «andamenti differenziati del Pil tra le regioni: al Sud, la migliore performance è della Campania (+2,4%) seguita dalla Basilicata (+2,1%). E se «per la prima volta nel triennio il Pil della Sardegna torna in positivo», «frenano Puglia (+0,7%) e Sicilia (+0,3%). La Calabria (+0,9%) prova a rialzare la testa».
Il sorpasso del Sud sulla crescita del Pil, secondo lo studio, «è la conseguenza di alcune condizioni peculiari: il recupero del settore manifatturiero, cresciuto cumulativamente di oltre il 7% nel biennio 2015-2016, e del +2,2% nel 2016, la ripresa del settore edile (+0,5% nel 2016), il positivo andamento dei servizi (+0,8% nel 2016)».
Sul fronte sociale, secondo l’associazione, «riparte l’occupazione ma non incide sull’emergenza sociale». «Nella media del 2016 gli occupati aumentano rispetto al 2015 al Sud di 101mila unità, pari a +1,7%, ma restano comunque di circa 380 mila al di sotto del livello del 2008. L’aumento dei dipendenti a tempo indeterminato in termini relativi è più accentuato nel Mezzogiorno, grazie al prolungamento della decontribuzione. Ma l’incremento degli occupati anziani e del part time contribuisce a determinare una preoccupante ridefinizione della struttura e qualità dell’occupazione. La riduzione dell’orario di lavoro, facendo crescere l’incidenza dei dipendenti a bassa retribuzione, deprime i redditi complessivi. Il dato più eclatante è il formarsi e consolidarsi di un drammatico dualismo generazionale: in Italia rispetto al 2008 sono ancora un milione 900mila i giovani occupati in meno. Per quel che riguarda i settori, nel 2016, aumenta l’occupazione nell’industria (+2,4%), mentre diminuisce nelle costruzioni (-3,9), significativo incremento nel turismo (+2,6%). E, in questo quadro aumentano povertà e diseguaglianze. «Nel 2016 circa 10 meridionali su 100 sono in condizione di povertà assoluta, contro poco più di 6 nel Centro Nord. L’incidenza della povertà assoluta al Sud nel 2016 cresce nelle periferie delle aree metropolitane e, in misura più contenuta, nei comuni con meno di 50mila abitanti». Nelle regioni meridionali «il rischio di povertà è triplo rispetto al resto del Paese: Sicilia (39,9%) Campania (39,1%),Calabria (33,5%)». Nell’osservare che «la povertà deprime la ripresa dei consumi», lo studio evidenzia che «in questo contesto, le politiche di austerità hanno determinato il deterioramento delle capacità del welfare pubblico a controbilanciare le crescenti diseguaglianze indotte dal mercato, in presenza di un welfare privato del tutto insufficiente al Sud».
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