REGGIO CALABRIA Condanne per tutti, incluso il pentito Mario Gennaro e solo 6 assoluzioni per gli imputati di reati minori. Così ha deciso il gup di Reggio Calabria per i 35 alla sbarra nel procedimento con rito abbreviato Gambling, scaturito dall’indagine, coordinata dai pm Stefano Musolino e Sara Amerio, che ha svelato come i clan avessero trasformato il mondo delle scommesse e dei giochi online in una gigantesca lavatrice di denaro sporco.
LE CONDANNE Per questo, sono stati puniti con la pesante condanna a 12 anni di carcere il boss Giovanni Ficara, Terenzio Minniti, Venerando Puntorieri e Cesare Oscar Ventura. Dieci anni sono andati invece a Vincenzo Nettuno. Otto anni sono andati ad Andrea Vianello e Francesco Pesce, sei anni e otto mesi a Francesco Maria Abramo, Francesco Ripepi e Rocco Ripepi, sei anni a Paolo Sciumbata, Fortunato Stracuzzi, Margherita S. Giudetti, Domenico Manti e Pietro Monterosso. Sono stati invece tutti puniti con cinque anni e quattro mesi di carcere, i fratelli Maurizio e Antonio Lavilla, già coinvolti e condannati in vari processi di ‘ndrangheta, insieme al padre Giuseppe. È invece di quattro anni e otto mesi la pena inflitta a Vincenzo Alvaro, Emanuele Cotroneo, Luca Battista Gagni, Antonietta Gatto, Domenico Nucera e Pietro Verduci, mentre è di quattro anni la pena inflitta a Alessia Alessi, Domenico Madeo, Dario Alfonso Montuori e Annunziato Vadalà. Condannato a 4 anni anche il pentito Mario Gennaro, che incassa una pena anche più severa di quella chiesta dai pm.
LE ASSOLUZIONI Sono stati invece assolti Saverio Ambroggio, Francesco Chirico, Giuseppe Preiti, Rocco Restuccia, Francesco Zungri e Giuseppe Zungri, per i quali sono cadute tutte le accuse.
LE ACCUSE Tutti gli altri invece sono per i giudici a vario titolo terminali del sistema svelato dall’indagine Gambling. Un’inchiesta che ha mostrato in maniera plastica come il settore del gaming online sia divenuto preda dei clan reggini, fotografati per l’ennesima volta nella militarizzazione unitaria e coordinata di un business del tutto nuovo, ma aggredito con regole e meccanismi che – come svelato dall’operazione Meta – sono stati decisi ormai decenni fa e tali rimangono. Nuovi affari, vecchi metodi, storici obiettivi. Il mondo grande dei casinò online, sottratti al controllo dell’Aams, l’agenzia che in Italia dovrebbe vigilare sul settore, per i clan è diventato una gigantesca lavatrice che – al di là delle perdite che ogni operazione di riciclaggio impone – ha permesso di rendere utilizzabili milioni e milioni di euro di provenienza illecita. Il piatto era ricco e come stabilito dalle regole forgiate al fuoco della seconda guerra di ‘ndrangheta, i Tegano – di cui Gennaro è per gli inquirenti espressione – non mangiavano da soli. Da Archi, i centri scommesse e circoli ricreativi gestiti dalle ndrine si erano estesi fino alla provincia di Reggio, a Melito Porto Salvo. Ma, per quanto cambiasse la zona, il sistema rimaneva identico ovunque.
Alessia Candito
a.candito@corrierecal.it
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