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Attentato ai carabinieri, nuova perquisizione a casa Contrada

PALERMO Nuova visita della polizia giudiziaria reggina a casa di Bruno Contrada. Gli agenti, tuttora impegnati negli approfondimenti investigativi sul ruolo della ‘ndrangheta nella stagione stragis…

Pubblicato il: 29/07/2017 – 13:51
Attentato ai carabinieri, nuova perquisizione a casa Contrada

PALERMO Nuova visita della polizia giudiziaria reggina a casa di Bruno Contrada. Gli agenti, tuttora impegnati negli approfondimenti investigativi sul ruolo della ‘ndrangheta nella stagione stragista, questa mattina, attorno alle 8, si sono presentati da Contrada. Secondo quanto sostenuto dal legale dell’ex agente dei servizi, avrebbero fatto una nuova perquisizione e avrebbero tentato di interrogare il suo cliente. «La polizia di Reggio Calabria ha provato a sentire come testimone Contrada senza che a questi fosse notificato l’invito a comparire e senza delega scritta da parte dell’autorità giudiziaria. Si sono presentati alle 8 di mattina. Solo alle 13 sono stato avvertito dallo stesso Contrada e mi sono precipitato a casa sua», ha riferito il legale, annunciando: «Chiederò  un incontro al capo della polizia, Gabrielli, per raccontargli alcuni particolari rilevanti anche dal punto di vista disciplinare che riguardano i funzionari della Squadra mobile di Reggio Calabria che oggi si sono presentati a casa di Bruno Contrada. Gli aspetti penali poi verranno approfonditi in altra sede».
In realtà, fa sapere il Questore di Reggio Calabria, Raffaele Grassi, non ci sarebbero stati nessuna perquisizione, né un tentativo di interrogatorio: «Si è trattato solo di un’attività di verifica e di approfondimento eseguita su delega della Dda di Reggio Calabria». Circostanza confermata dalla Dda reggina, che fa sapere: «A noi non risulta alcuna perquisizione». Sull’attività di oggi però i magistrati preferiscono mantenere il più stretto riserbo.

L’INCHIESTA L’attenzione degli investigatori sull’ex numero due del Sisde, che recentemente si è visto revocare dalla Cassazione la condanna a dieci anni per concorso in associazione mafiosa, nasce dai suoi presunti legami con Giovanni Aiello, ex agente di polizia ritenuto vicino ai Servizi, noto come “faccia da mostro”. Un personaggio più volte entrato nelle indagini su casi irrisolti aperte dalla Procura di Palermo e ora finito nell’inchiesta di Reggio Calabria sulla partecipazione della ‘ndrangheta alla strategia stragista. Aiello, perquisito mercoledì scorso, è indagato per avere indotto a mentire ai pm un ex capitano dei carabinieri poi condannato per favoreggiamento alla ‘ndrangheta.
Al momento, non è chiaro quale ruolo Contrada e Aiello possano aver avuto nell’inchiesta che la Dda di Reggio sta portando avanti e nell’ambito della quale, mercoledì scorso, sono state eseguite due ordinanze di custodia cautelare nei confronti  boss di Brancaccio Giuseppe Graviano e di Rocco Santo Filippone, capobastone di Melicucco, legato alla potente cosca di ‘ndrangheta dei Piromalli di Gioia Tauro.  Al centro dell’indagine, il ruolo della ‘ndrangheta nella stagione stragista che insanguinato l’Italia nei primi anni Novanta. Secondo i magistrati, bombe, attentati e omicidi di quella stagione rispondono ad un programma riferibile non solo ai clan. Secondo quanto già emerso dall’inchiesta, negli anni Novanta tanto le mafie, come un settore dell’intelligence italiana, strettamente legata alla massoneria di Licio Gelli, avrebbero lavorato ad una strategia di destabilizzazione generale, necessaria per spianare la strada ad un soggetto politico compiacente.

 

«LASCIATEMI IN PACE» Sono frastornato, non riesco a capire cosa vogliano da me. A 86 anni, dopo 25 anni di processi e due sentenze (quella della Corte europea dei diritti dell’uomo e quella della Suprema Corte, ndr) avrei diritto a vivere in pace e a fare il nonno». A dirlo all’Adnkronos è Bruno Contrada. «Dopo due sentenze ancora mi stanno addosso – dice ancora –. Non mi sono mai occupato di Calabria e di ‘ndrangheta, non so su cosa stiano indagando. Stamattina intorno alle 8 si sono presentati a casa dicendo che avevano bisogno di altri documenti. Poi è arrivato il mio avvocato e li ha allontanati». E sulla prima perquisizione: «In quella occasione mi sono sentito male – ricorda Contrada –. Ho detto loro di parlare a bassa voce per non svegliare mia moglie che si sarebbe spaventata nel vedere estranei a casa. Chiedo solo di essere lasciato in pace. Se guardo al mio passato ho la consapevolezza di aver sempre osservato la legge. Ho sempre fatto il mio dovere con rigore, umanità e giustizia». Adesso Contrada ha un unico desiderio. «Del risarcimento per i 10 anni passati in carcere non so che farmene, non mi servono i soldi. Vorrei, invece, che venisse revocata la mia destituzione dalla polizia – conclude –. Ho dato la vita a questa istituzione e vorrei andarmene reintegrato nei suoi ranghi perché mi sia restituito l’onore che mi è stato tolto in questi anni».   

 

a.c.

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