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In carcere gli uomini del clan Paviglianiti

REGGIO CALABRIA A qualche mese dalla sentenza, scatta l’esecuzione della condanna per gli uomini del clan Paviglianiti finiti a processo con l’inchiesta “Ultima spiaggia”. Su richiesta della Dda di…

Pubblicato il: 30/08/2017 – 9:45
In carcere gli uomini del clan Paviglianiti

REGGIO CALABRIA A qualche mese dalla sentenza, scatta l’esecuzione della condanna per gli uomini del clan Paviglianiti finiti a processo con l’inchiesta “Ultima spiaggia”. Su richiesta della Dda di Reggio, in carcere è finito anche Rocco Giovanni Maesano, ex responsabile dell’area economico-finanziaria dei Comuni di Bagaladi e San Lorenzo, considerato pubblico amministratore di riferimento del clan e per questo condannato a 14 anni di carcere. Nuove misure sono state poi notificate anche a Natale Paviglianiti, punito con 18 anni di reclusione, Antonio Pannuti e Francesco Leone, condannati a 12. Ma le indagini sul clan non si fermano. Tra ieri e oggi, sono state inoltre effettuate diverse perquisizioni a carico di soggetti ritenuti affiliati o vicini alla temuta famiglia di San Lorenzo.

L’INDAGINE Piccolo ma combattivo clan in grado di difendersi dagli appetiti dei potentissimi vicini, i Iamonte, anche grazie alla “protezione” chiesta e ottenuta ai Tegano di Reggio Calabria, i Paviglianiti a Bagaladi e San Lorenzo controllavano tutto, dagli stabilimenti balneari alla burocrazia della pubblica amministrazione, dal traffico di droga agli appalti pubblici, dalla microcriminalità agli esercizi commerciali. A svelarne affari e struttura è stato il pentito Giuseppe Ambrogio, affiliato agli Iamonte arrestato nell’ambito dell’operazione Ada, ma in grado di parlare con cognizione e precisione anche dell’organigramma, degli interessi e delle attività dei Paviglianiti, cui è legato da lontani legami di parentela.

LA STRUTTURA Rapporti che hanno aperto al pentito le porte della vita intima della consorteria, permettendogli di indicare con precisione ai magistrati anche la struttura interna della cosca che domina San Lorenzo e Bagaladi, le cui redini sono saldamente in mano a Domenico Paviglianiti, sostituito negli anni di detenzione dai fratelli Angelo e Settimo, ugualmente dotati – ha confermato l’inchiesta – di poteri direttivi e di gestione dei traffici illeciti. Per i magistrati, erano loroi  registi alla galassia di interessi del clan che andavano dalle estorsioni necessarie per assicurarsi il controllo del territorio al controllo degli appalti pubblici, di norma affidati a ditte compiacenti riconducibili alla cosca, dagli stupefacenti, agli esercizi commerciali, in cui gli introiti dei traffici venivano reinvestiti e che il clan pretendeva far operare in assenza di concorrenza.

MANI SULLA PUBBLICA AMMINISTRAZIONE Secondo quanto emerso dall’indagine, negli anni, il clan sarebbe stato anche in grado di incistarsi nella pubblica amministrazione grazie a uomini di fiducia come il responsabile dell’area tecnica di San Lorenzo, Marco Antonio Sergi, e quello dell’area amministrativa finanziaria, Rocco Giovanni Maesano, che avrebbero permesso ai Paviglianiti di aggirare normative, vincoli ambientali e paesaggistici, come di stravolgere le regolari procedure di assegnazione dei lavori pubblici diventati quindi appannaggio di una ristretta cerchia di imprenditori affiliati o contigui alla cosca.

Alessia Candito
a.candito@corrierecal.it

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