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A chi conviene il risiko delle Bcc calabresi

LAMEZIA TERME Fosse un film cult di metà anni Ottanta si potrebbe dire “ne resterà soltanto una”. Ma la storia del sistema creditizio calabrese non è fiction. E di sicuro non è una fiaba buonista: …

Pubblicato il: 24/02/2018 – 14:52
A chi conviene il risiko delle Bcc calabresi

LAMEZIA TERME Fosse un film cult di metà anni Ottanta si potrebbe dire “ne resterà soltanto una”. Ma la storia del sistema creditizio calabrese non è fiction. E di sicuro non è una fiaba buonista: chi controlla il credito, specie in territori dall’economia depressa, controlla una bella fetta di potere. C’è anche questo nel racconto di risparmi andati in fumo e banche commissariate, sepolte dai debiti e, in alcuni casi, scomparse. È così che le Casse rurali e artigiane, poi trasformate in Banche di credito cooperativo (Bcc), hanno visto il loro numero assottigliarsi. In parte per via di alcune operazioni di fusione, in parte per la migrazione degli sportelli calabresi verso realtà più lontane dal territorio (e anche con forme giuridiche differenti). Le fusioni, d’altra parte, non si sono trasformate nei salvataggi auspicati, almeno per la Bcc della Sibaritide, per la Banca di Cosenza e per la Bcc Due Mari. Tra svendite e gestioni più che allegre, il risiko delle Bcc calabresi non si è fatto mancare nulla. Vi racconteremo meccanismi e storie significative di una partita che vale milioni di euro. 

LE PRIME ACQUISIZIONI In principio, parliamo dell’ultimo scorcio degli anni 90, il fenomeno si manifesta attraverso acquisizioni vere e proprie da parte del Credem (Credito emiliano). Le acquisizioni, con una politica aggressiva e la sopravvalutazione delle quote di partecipazione, sono quattro: le Bcc di San Fili, Bonifati e Belvedere Spinello che si aggiunsero alla ex Cra di Curinga (che precedentemente era stata commissariata). È una stagione di acquisizione degli sportelli locali. Ma è soltanto la prima mossa di una partita a scacchi che continuerà nel corso degli anni con altre pratiche. Prima tra tutte il commissariamento.  

I COMMISSARIAMENTI Questa parte della storia inizia nel pieno centro di Cosenza, in piazza Kennedy. La serie delle banche locali “scomparse” si apre con la Cassa rurale e artigiana (Cra), che aveva la propria “casa” nei locali dove ora troneggia l’insegna della Banca Popolare di Bari. Siamo sul finire degli anni 90 e la governance della predetta Cra non gode dell’apprezzamento della Banca d’Italia. Dopo il rinnovo bulgaro di un consiglio d’amministrazione sgradito all’organo di controllo, inizia un’ispezione che si conclude con giudizi sfavorevoli: il risultato è il commissariamento. Arrivano così due commissari che, coadiuvati da un nuovo direttore (proveniente dal Veneto), per quasi due anni gestiscono la Cra svalutandone l’attivo tanto da determinare un prezzo di “acquisto” di circa 1,5 miliardi di lire (attualmente 750 mila euro). Per le cifre che giravano all’epoca è una bazzecola. La Cassa rurale e artigiana aveva soltanto tre filiali ma un giro d’affari consistente. Alla fine del commissariamento, passa nella sfera di influenza della Banca popolare di Bari attraverso la Banca popolare di Calabria. È un assorbimento che permetterà ai nuovi “proprietari” di portare a casa utili cospicui dovuti proprio al recupero dei crediti che i commissari aveva svalutato in maniera così netta. Che li avessero sottovalutati? Può darsi.   

LE FUSIONI Una volta persa la Cra di Cosenza, il movimento calabrese del credito cooperativo scopre una nuova via per resistere alle espansioni che arrivano dall’esterno: le fusioni. Negli anni successivi, infatti, sotto la guida della locale Federazione e con la validazione della Banca d’Italia, si assiste al perfezionamento di una serie di unioni creditizie. Le banche sembrano anticipare i Comuni e si fondono per resistere a un mercato finanziario che potrebbe stritolarle (e, forse, lo fanno anche per non fare la fine del Cra di Cosenza). L’elenco è lungo: dalle Bcc di Bisignano, Luzzi e Rota Greca nasce il Credito cooperativo Mediocrati; dall’unione fra le Bcc di Isola Capo Rizzuto e Crucoli-Melissa si genera la Bcc del Crotonese; dalle Bcc di Pianopoli e Carlopoli nasce la Bcc del Lametino; dalla Bcc di Scigliano e quella di Pietrafitta deriva la Bcc Presila-Scigliano (quest’ultima, “sposandosi” con la Bcc di Dipignano, dà vita alla Banca di Cosenza); dalla fusione fra la Bcc di Terranova da Sibari e quella di Villapiana nasce la Bcc dei Due Mari; infine, dall’accorpamento  fra la Bcc di Spezzano e quella di Calopezzati nasce la Bcc della Sibaritide. L’esperimento non riesce per tutti: la Bcc dei Due Mari, la Bcc della Sibaritide e la Banca di Cosenza vengono, successivamente, commissariate. Non sempre l’unione fa la forza.  

STAGIONE DI CACCIA Il tentativo di unire gli sforzi per evitare di essere spazzati via dal “grande credito” – rischio consistente, con gli spazi che si restringono anche per via della crisi – non ferma un meccanismo che, nel sistema delle banche locali, viene definito una «stagione di caccia». In effetti i commissariamenti continuano e interessano le Bcc di San Vincenzo la Costa, Sibaritide, Tarsia, Due Mari e, da ultima, Banca Bruzia. Mentre la Bcc della Sibaritide viene assorbita dalla Mediocrati, le altre tre prendono la strada della Banca Sviluppo Spa (una creatura del movimento del credito cooperativo). Quest’ultima si spartisce con il Credito Cooperativo Centro Calabria anche la Banca di Cosenza (sempre dopo un periodo di commissariamento). Tanti nomi e storie diverse, certo. Ma alcuni effetti accomunano tutte le gestioni commissariali: c’è innanzitutto la riduzione del valore della Banca “commissariata”. Gli attivi di queste banche, infatti, nel periodo di commissariamento, registrano un fortissimo depauperamento. Succede, come abbiamo già visto per il Cra di Cosenza, attraverso le iper svalutazioni. La conseguenza è un abbassamento netto del prezzo d’acquisto.  

CUI PRODEST? Chi trae benefici da questa politica gestionale? Ovviamente chi acquista la banca a prezzi stracciati (e a volte con un contributo del fondo di garanzia). Infatti, l’istituto che acquisisce la banca alla deriva, oltre a guadagnare sul piano della raccolta (liquidità), incamerando i depositi incardinati presso le “assorbite”, registra anche la possibilità di “annacquare” le proprie politiche svalutative. Giocando sui portafogli “sofferenti”, cioè sulle potenziali perdite, si possono ottenere vantaggi sulle politiche di bilancio. Ma i vantaggi non finiscono qui. Infatti, se le attività di recupero (dei crediti) consentono di incassare più di quanto stimato dalla gestione commissariale, la Banca che acquista guadagna con le cosiddette riprese di valore su crediti. I fondi recuperati, confluendo nel conto economico, permetteranno comunque dei vantaggi all’istituto di credito che ha acquisito la banca “morente”.  Il meccanismo, dunque, mette insieme le super svalutazioni e la possibilità di recuperare crediti che, spesso, i commissari danno quasi per persi. In entrambi i casi, prendere in carico una banca “svenduta” può essere conveniente. In ogni caso, il commissariamento è un gioco a somma zero e, quindi, se qualcuno guadagna qualcun altro deve necessariamente perdere. 

CHI HA LA PEGGIO Nel caso delle Bcc, in effetti, ci sono anche parecchi sfortunati perdenti nel gioco delle acquisizioni. Sono i soci, che vedono svanire le quote di partecipazione al capitale della banca. E va male anche per il territorio a cui la Bcc è collegata, che si vede privato di un istituto di riferimento con logiche operative ben distanti dai modelli delle grandi banche di interesse nazionale. Buoni ultimi, arrivano i dipendenti, che spesso ci rimettono il posto di lavoro o vedono significativamente ridotti i propri stipendi. (1 – continua)

Pablo Petrasso
p.petrasso@corrierecal.it

 

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