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NEMEA | La soffiata del «fratello di uno sbirro» che allarmò il clan

Quando gli atti intimidatori della cosca Soriano riprendono a manifestarsi con vigore ai danni non solo di imprenditori e commercianti ma anche degli stessi carabinieri che presidiano la stazione di…

Pubblicato il: 09/03/2018 – 8:20
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NEMEA | La soffiata del «fratello di uno sbirro» che allarmò il clan
NEMEA | La soffiata del «fratello di uno sbirro» che allarmò il clan

Quando gli atti intimidatori della cosca Soriano riprendono a manifestarsi con vigore ai danni non solo di imprenditori e commercianti ma anche degli stessi carabinieri che presidiano la stazione di Filandari, nel Vibonese, la reazione di forze dell’ordine e magistratura è immediata. La macchina messa in moto si avvale di intercettazioni, appostamenti, il controllo dei movimenti del gruppo criminale, attività di perquisizione personale e domiciliare. Sono i prodromi dell’operazione “Nemea” che i carabinieri del Reparto operativo e del Nucleo investigativo della provincia di Vibo Valentia, coordinati dalla Dda di Catanzaro, stanno portando avanti e che si concluderà con il fermo di sette persone, i vertici del clan Soriano di Filandari: Leone Soriano, Emanuele Mancuso, Graziella Silipigni, Giuseppe Soriano, Giacomo Cichello, Francesco Parrotta, Caterina Soriano, Luca Ciconte.

IL RITROVAMENTO DEL GPS Il 5 marzo 2018 nell’auto di Francesco Parrotta viene rinvenuto accidentalmente un apparecchio gps. Il clan si allarma. È la conferma di quanto già sospettano: l’operazione è pronta a scattare sopra le loro teste. Emerge chiaramente da una intercettazione ambientale di qualche giorno prima del ritrovamento del gps, il 3 marzo 2018. Parrotta racconta, parlando con Luca Ciconte, Caterina Soriano e un altro soggetto non identificato, di essere venuto a conoscenza, in maniera non diretta, da un non meglio identificato “carabiniere” che le operazioni di polizia attuate nei giorni passati sono il segnale di una prossima grossa operazione. «Dice che cercano di fare riscontri che ci sta un’operazione grossa», racconta Parrotta, il quale sostiene che glie l’ha detto «coso, il fratello… quello ha il frantoio, il fratello è con gli sbirri…». «Eh… è nei carabinieri – prosegue Parrotta –, e dice che ci sta un’operazione grossa e loro stanno girando apposta per fare più riscontri possibili, perché non hanno niente… L’altra sera sono stato a Mileto per prendermi una chiave e sono arrivati dietro (intendendo i carabinieri, ndr)». Il fiato sul collo dei militari è ormai tangibile. Gli indagati cominciano a cercare appartamenti e locali “alternativi”. Ma non faranno in tempo.

Alessia Truzzolillo
a.truzzolillo@corrierecal.it

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