Medico «a disposizione dei boss» per vent'anni
REGGIO CALABRIA Per tutti Francesco Cellini era un noto professionista, con base relazionale e professionale tra la frazione di Gallico e il quartiere di Santa Caterina, a Reggio Calabria. Per inquir…

REGGIO CALABRIA Per tutti Francesco Cellini era un noto professionista, con base relazionale e professionale tra la frazione di Gallico e il quartiere di Santa Caterina, a Reggio Calabria. Per inquirenti e investigatori invece è un medico della ‘ndrangheta sempre pronto a correre in soccorso di affiliati e latitanti e soprattutto pronto a mettersi in affari con loro. Per questo motivo, su richiesta della Dda, la sezione Misure di prevenzione del Tribunale di Reggio Calabria ha disposto il sequestro del suo intero patrimonio, stimato in oltre 19 milioni di euro. Tutti beni e denari accumulati anche grazie alla gestione della clinica privata Nova Salus a Cannitello, nei pressi di Villa San Giovanni.
LA CLINICA DEI CLAN Una struttura in cui tanti hanno goduto di assistenza e ricoveri, spesso organizzati con il solo scopo di strappare misure detentive diverse dal carcere. Alla Nova Salus sono stati “curati” la madre del boss Bertuca, così come diversi uomini di rango della ‘ndrangheta reggina, della città e della provincia, come Giacomo Latella, Mario Palaia, Pasquale Libri, Pasquale Pititto, Paolo Meduri, Domenico Grasso, Gennaro Ditto, Pasquale De Maio, Pasquale Bilardi, Francesco Pangallo, Giuseppe Mazzagatti. Tutti ricoveri – è emerso dalle indagini – che hanno garantito a capi e gregari non solo di uscire dal carcere, ma anche di comunicare con gli affiliati e riprendere in mano affari e strategie di famiglia.
FILO DIRETTO CON I BERTUCA A garantire il “trattamento speciale” per gli uomini dei clan era Cellini in persona, su sollecitazione diretta del boss Pasquale Bertuca, con il quale il dottore aveva rapporti in qualità di rappresentante legale della cooperativa Anphora che gestisce la struttura. Lo hanno svelato le intercettazioni telefoniche e ambientali che hanno provato come fin dal 2007 il dottore fosse in contatto con il boss di Villa, con i quali disquisiva persino su chi ricoverare prima in base al trattamento cautelare cui erano sottoposti. Chi stava dietro le sbarre aveva sempre la precedenza, mentre i detenuti ai domiciliari dovevano mettersi in coda. Regole della casa, o meglio della clinica.
ASSISTENZA LATITANTI Ma i rapporti del medico con i clan sono ancora più antichi e strutturati. Secondo diversi collaboratori di giustizia, Cellini non si sarebbe mai sottratto alle richieste di assistenza degli uomini del clan Tegano, visitati spesso anche durante la latitanza.
IN AFFARI CON I BOSS Dunque forse non a caso, il dottore, attorno al 2007, non ha avuto remora alcuna nel discutere con il boss Giulio Lampada e il politico Alberto Sarra l’ipotesi di aprire una clinica privata a Gallico, alla periferia nord di Reggio Calabria, in un plesso di proprietà del capoclan reggino d’origine e milanese d’adozione. Un business poi sfumato solo per la non idoneità dell’edificio, ma non di certo per eventuali scrupoli morali del medico.
«MEDICO A DISPOSIZIONE DEI CLAN» Elementi più che sufficienti per indurre i giudici a bollare Cellini come «professionista e imprenditore che da ben più di un ventennio ed in modo assolutamente continuativo, pur non essendo intraneo ad alcuna specifica cosca, si è messo a disposizione di questa o quella compagine ndranghetistica, peraltro venendo a contatto con boss di primario calibro, elargendo favori ed accettandone la protezione in un rapporto certamente sinallagmatico».
AIUTO CONSAPEVOLE Per il Tribunale, «non pare esservi dubbio sull’assoluta consapevolezza dell’indagato di rapportarsi e “favorire” la cosca Bertuca (e gli altri interessati che a questa si rifanno per gli stessi fini) sia alla luce dell’affermazione indicata per cui sono primariamente interessati a recarsi presso la clinica gestita dall’indagato solo i soggetti detenuti in carcere (e non certamente chi è già ai domiciliari), senza contare che Cellini si rapporta non solo con i fratelli Bertuca ma anche con altri “sodali del gruppo” (Liotta p.e.) a cui chiede all’occorrenza “favori” quale univoco segno della consapevolezza dell’indagato di agire con compartecipi del gruppo Bertuca/Zito».
DO UT DES In cambio dei ricoveri infatti, il dottore – sottolineano i giudici – non solo riceveva regali e omaggi dai massimi vertici dei Bertuca, ma spesso chiedeva anche “favori” agli uomini del clan. E anche con una certa insistenza se è vero che «Liotta (uomo dei clan di Villa ndr) “riprende” il predetto medico “ricordandogli” che non si possono assumere due atteggiamenti diversi quando “si chiede” e quando di contro “si dà” (oggi si ricorda e domani si dimentica?)». Per i giudici «tutto ciò “dà l’idea della condotta” nel complesso assunta da Cellini che se non apporta – a livello di gravità indiziaria – un contributo in grado di essere sussunto nel concorso esterno associativo è certamente idoneo a generare un urgente procedimento di prevenzione personale e patrimoniale».
SULLE SPALLE DEL SERVIZIO SANITARIO NAZIONALE A perimetrarne il patrimonio sono stati gli uomini della Guardia di finanza, che non senza difficoltà hanno individuato i beni mobili e immobili in mano a Cellini. Un patrimonio immenso, stimato in oltre 19 milioni di euro, e costruito anche sulle spalle del Servizio sanitario nazionale che fin dal 2000 al medico dei clan ha anche pagato lo stipendio. Indebitamente. Come amministratore di fatto della Nova Salus infatti, Cellini avrebbe dovuto astenersi da qualsiasi «attività che configuri conflitto di interessi con il rapporto di lavoro con il Servizio Sanitario Nazionale». Allo stesso modo non avrebbe potuto essere «titolare o compartecipe di quote di imprese che esercitino attività che configurino conflitto di interessi col rapporto di lavoro con il Servizio Sanitario Nazionale». Ma che Cellini avesse in mano la Nova Salus lo dimostra la nonchalance con cuinel corso degli anni, ha prelevato ingenti somme di denaro dai conti correnti dell’Anphora S.c.a.r.l. che gestisce la clinica, per poi utilizzarli per scopi personali e investimenti immobiliari e finanziari.
SOCIALMENTE PERICOLOSO Tanto è bastato a inquirenti e investigatori per bollare Cellini come socialmente pericoloso, sia in termini “qualificati”, in quanto soggetto gravemente indiziato di contiguità alla ‘ndrangheta), sia generici, in quanto dalla metà degli anni ’90 dedito ad attività delittuose ed in spregio della normativa fiscale e tributaria.
I BENI SEQUESTRATI Una valutazione condivisa dai giudici della sezione Misure di prevenzione, che per questo hanno ordinato il sequestro di quote sociali, patrimonio aziendale, rapporti finanziari della “Nova Salus s.r.l. “,della “Nuova Anphora s.r.l.”, quote sociali e patrimonio aziendale, rapporti finanziari e della “Anphora Cooperativa Sociale, inclusa la Clinica “Nova Salus”, 2 fabbricati siti a Villa San Giovanni, un terreno a Reggio Calabria e poi conti correnti, libretti di deposito al portatore o nominativi, contratti di acquisto di titoli di Stato, azioni, obbligazioni, certificati di deposito, assicurazioni, intestati presso istituti di credito pubblici o privati, casse rurali, direzioni provinciali P.T., società assicurative, finanziarie o fiduciarie, società di intermediazione mobiliare, comunque riconducibili al proposto e ai componenti il proprio nucleo familiare, aventi saldo attivo superiore a 1.000 euro.
Alessia Candito
a.candito@corrierecal.it