CATANZARO Salvatore Danieli, oggi collaboratore di giustizia, ha svolto nel recente passato un ruolo di primo piano all’interno della cosca Bruno di Vallefiorita, avente diramazioni fino ai territori di Amaroni e Squillace. Una cosca, è emerso nel corso dell’operazione antimafia Jonny – condotta contro le consorterie di Isola Capo Rizzuto – sotto l’influenza delle locali di ‘ndrangheta di Cutro e Isola Capo Rizzuto, nell’alternanza dei rispettivi equilibri criminali, che ne esercitano la riconosciuta autorità ‘ndranghetisica. Danieli, 34 anni, viene considerato dagli inquirenti «elemento di estrema fiducia dei vertici del sodalizio Francesco Bruno e Luciano Babbino, che coadiuva nell’organizzazione e direzione della cosca e nella assunzione delle decisioni più rilevanti della vita dell’organizzazione pianificando le vicende estorsive».
Oggi Danieli ha un manoscritto nel quale ha segnato tutto quello che ricorda e che consulta ogni volta che parla con i magistrati della Dda di Catanzaro, l’aggiunto Vincenzo Capomolla e il sostituto Debora Rizza.
Il 29 gennaio scorso, nel corso di un colloquio con i pm, Danieli ha esposto quello che era il modus operandi della cosca in merito alle estorsioni. Racconta di incontri tra suo cugino Giovanni Bruno (assassinato a Vallefiorita il 15 maggio 2010), Salvatore Abbruzzo (al vertice della cosca Catarisano operante a Roccelletta di Borgia e territori limitrofi) e Francesco Gualtieri (fidato collaboratore di Abbruzzo nella cosca Catarisano).
LE ESTORSIONI PER IL TAGLIO DEI BOSCHI Le parole di Danieli sono confluite nell’udienza preliminare del processo Jonny, ammantate da numerosi omissis. Sulle dichiarazioni del collaboratore le esplorazioni sono ancora in corso. Gli argomenti sono scottanti e delicati. Come quello, sempre più attuale, dell’ingerenza della ‘ndrangheta sul taglio boschivo.
Nel racconto di Salvatore Danieli emerge, in particolare un episodio: un’impresa boschiva doveva tagliare un bosco nel Comune di Borgia. È il periodo tra la fine del 2008 e gli inizi del 2009. Giovanni Bruno si presenta a Danieli, Abruzzo e Gualtieri con i rappresentanti di una impresa boschiva. Il nome al momento resta top secret.
«Si dovevano mettere d’accordo», racconta Danieli.
«Su che cosa?», chiede il pm.
«Sui soldi. Per pagare».
«Per pagare cosa?»
.
«Per pagare la tangente».
La tangente, stando al racconto di Danieli, doveva essere elargita ad Abbruzzo e Gualtieri perché appartenenti alla ‘ndrina di Borgia, mentre Giovanni Bruno faceva da tramite.
«Ma perché vostro cugino doveva fare da tramite in questa estorsione?», chiedono i magistrati
. «Perché i boschi si rivolgevano di più a mio cugino e lui poi andava da chi era competenza», a seconda di chi era il territorio, spiega il collaboratore.
L’incontro avviene in un ristorante all’ingresso di Soverato, venendo da Squillace. Danieli non resta durante il colloquio che è stato organizzato, questo lo afferma, per stabilire il prezzo dell’estorsione che l’impresa avrebbe dovuto pagare ai vertici della cosca Catarisano per i lavori che svolgeva nel territorio di loro competenza.
ESTORSIONE AL PARCO EOLICO Strettissimo riserbo c’è poi sul racconto dell’estorsione per la costruzione di un parco eolico. Le dichiarazioni di Danieli sono omissate ma qualcosa, nel modus operandi della cosca Bruno, traspare: le mani della cosca toccano tutte le attività sul territorio di loro competenza. «Parti delle somme per il pagamento dell’estorsione era quella della sovrafatturazione all’impresa titolare del parco eolico. Il sovrapprezzo fatturato costituiva una parte del prezzo della estorsione che queste imprese avrebbero dovuto pagare a Gianni Bruno come capo del gruppo» racconta il pentito. Inoltre «una ulteriore parte del prezzo estorsivo era quantificata in un euro al metro cubo per il cemento, mentre non so l’ulteriore quantificazione per quanto riguarda il ferro».
VENDETTA PER IL DUPLICE OMICIDIO Il 19 febbraio 2013 vengono assassinati Giuseppe Bruno e sua moglie Caterina Raimondi raggiunti da diversi colpi di kalashnikov mentre uscivano di casa. Giuseppe Bruno era fratello di Giovanni e aveva preso le redini della cosca dopo la morte del familiare. Danieli e la cosca Bruno avevano individuato, racconta il collaboratore, gli autori del duplice omicidio. «Avevamo individuato quali mandanti del duplice omicidio di mio cugino Giuseppe Bruno e della moglie, Salvatore Abbruzzo e Francesco Gualtieri e quindi era nostra intenzione organizzarci per agire nei loro confronti», racconta agli inquirenti. Il gruppo ha a disposizione una moto di grossa cilindrata che poteva servire «per ogni azione di fuoco all’epoca intendevamo compiere. Dopo la morte di mio cugino Giuseppe, era intenzione di Luciano Babbino (tra i capi della cosca Bruno con compiti di organizzazione e direzione) utilizzare la moto nell’azione di fuoco che intendevamo programmare ai danni di Abbruzzo e Gualtieri».
Alessia Truzzolillo
a.truzzolillo@corrierecal.it
x
x