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“Apocalisse” ad altissima tensione

I volantini contro avvocati e pentiti. Colpi di scena e scontri in aula. I racconti scottanti dei collaboratori di giustizia. E le chat di Facebook consegnate alla giuria. Tutti i nodi spinosi del …

Pubblicato il: 23/04/2018 – 12:45
“Apocalisse” ad altissima tensione

COSENZA Volantini denigratori contro avvocati e pentiti coinvolti nel processo “Apocalisse”. I criminali dediti allo spaccio sono sotto processo al tribunale di Cosenza. Alla sbarra, oltre a Marco Perna, anche altre trenta persone. I volantini che sono comparsi in città e subito sequestrati dagli agenti della Questura di Cosenza inseguono il filo processuale che nelle ultime udienze non ha lesinato colpi di scena. Basti pensare alla revoca degli avvocati da parte di Marco Perna e altri indagati e al tentativo di ottenere un rinvio per legittimo impedimento visto un ricovero al Pronto soccorso. Rinvio negato dal collegio di giudici non convinti dell’autenticità dei documenti prodotti. E al “concorso dei pentiti” (è l’annuncio di uno dei volantini affissi lunedì, ndr) parteciperanno anche De Rose e Noblea, ammessi al processo come testimoni su richiesta del pubblico ministero Domenico Assumma. «Lasciamo in pace gli avvocati», disse Gratteri meno di un mese fa; a Cosenza, evidentemente, non funziona così.
PENTITI A “cantare” più di tutti nel corso del processo è stato Luca Pellicori, difeso da Michele Gigliotti. Il collaboratore di giustizia era il braccio destro del principale imputato e decise di intraprendere la strada della collaborazione il venerdì santo del 2016. La “Cosenza criminale” che viene fuori dai verbali del collaboratore è dominata da un gruppo di sodali affiliati a diverse gang che dettano le regole dello spaccio. Tutto si organizzava, secondo Pellicori, in un autolavaggio di Serra Spiga. Ognuno aveva la sua zona, ognuno lavorava secondo le “regole”. E forse queste “regole”, o la loro infrazione, hanno spinto persone al momento ignote a stampare e affiggere i volantini. Le rivelazioni del duo De Rose e Noblea potrebbero peggiorare la posizione di Marco Perna e degli altri imputati in un processo contrassegnato da quella che l’altro pentito Pellicori ha definito come «campagna di discreditamento nei miei confronti». E si inserirebbe in questo contesto anche la presentazione – durante la scorsa udienza –da parte di Ippolito Tripodi (uno degli imputati, ndr) di un fascicolo contenente conversazioni tra Pellicori e la sua ex compagna, chat che a tratti finirono anche sui social network il cui contenuto, nelle intenzioni di Tripodi, dovrebbe rendere meno consistenti le testimonianze del collaboratore di giustizia.
RACCONTI CHE SCOTTANO D’altra parte, nel processo Apocalisse non sono mancate dichiarazioni scottanti. «Quando c’era qualcosa che non andava io ero tra quelli autorizzati a sparare». Sempre Luca Pellicori raccontava, in videoconferenza, i suoi legami con il gruppo capeggiato da Marco Perna, figlio dello storico boss di Cosenza, Franco. «Siamo fratelli. Io con Marco ci sono cresciuto, sono stato tesoriere oltre che custode di armi e delle sostanze stupefacenti». I racconti, però, non si limitano alle relazioni personali. Il collaboratore riferisce anche dell’agguato agli uomini del gruppo Rango-Zingari. «Io guidavo la moto, a sparare con la calibro 357 fu Alessandro Cairo». L’obiettivo venne mancato perché riuscì a rifugiarsi dentro il portone di casa sua: si trattava di Domenico Mignolo. Quello che ai Perna non andava a genio, secondo Luca Pellicori, fu il passaggio a un altra gang da parte di Alfonsino Falbo, uomo che prima di Pellicori si occupava delle estorsioni. E proprio le estorsioni, da quanto emerge dal racconto, non erano molto gradite a Marco Perna che «ci diceva che con questo tipo di attività ci portavano in galera a “go go”». La risposta al tentato omicidio di Domenico Mignolo non tardò ad arrivare, la notte stessa – nel giugno del 2013 – i rivali arrivarono al circolo privato nel quartiere di San Vito dove erano soliti riunirsi gli uomini di Perna e misero in pratica la legge del taglione. «Ho sentito da casa mia i colpi di pistola – dice Pellicori – avevo avvisato tutti che sarebbe stato più prudente starsene a casa». Da quel momento in poi fu caccia aperta. «Riferimmo tutto a Marco Perna che stava tornando da Milano – spiega il collaboratore di giustizia – che la cosa non ci stava più bene e quindi facemmo diversi giri sotto la casa di Domenico Mignolo per regolare i conti. In una di queste battute incontrai il fratello di Tonino Abbruzzese (detto “Banana”, ndr) in macchina, non lo uccisi perché era con una donna e un bambino». La piccola faida è risolta dall’intervento di “Zio Rinaldo Gentile”. «Ci disse che era una guerra che non serviva a nessuno, noi rispettavamo la sua figura e dopo due incontri riuscimmo a trovare la pace. Poi risolti i problemi iniziammo anche a rifornirli di droga visto che il gruppo Rango-Zingari aveva perso molte sostanze nell’operazione “Gentlmen”»
LA DROGA DALL’ALBANIA Pellicori spiega anche come le sostanze stupefacenti arrivassero dall’Albania in Italia. «Grazie a dei rapporti che Marco Perna aveva creato con dei ragazzi albanesi, riuscivamo a rifornirci con della droga che spesso andavamo a prendere a Milano con l’autobus, oppure facendo arrivare un gommone nei porti di Cirò Marina e Corigliano Calabro». Il racconto stuzzicò molto la fantasia dei non addetti, quasi a immaginarsi gli uomini che nel porto a tarda notte dal mare recuperano lo stupefacente portandolo alla base operativa: l’autolavaggio di Serra Spiga. «A fare queste operazioni eravamo sempre quelli più fidati del gruppo. Fittavamo dei furgoni e completavamo il trasporto». “L’Apocalisse” doveva ancora arrivare.

Michele Presta
m.presta@corrierecal.it

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