REGGIO CALABRIA A oltre due anni dall’inizio del dibattimento, arriva la requisitoria al cosiddetto “processo Naccari”, che vede imputato l’ex assessore regionale Demetrio Naccari Carlizzi con l’accusa di aver effettuato pressioni sui vertici dell’assessorato regionale alla Sanità dell’epoca per ottenere la nomina di una persona ritenuta amica nella commissione esaminatrice del concorso cui avrebbe partecipato la moglie, Valeria Falcomatà (sorella dell’attuale sindaco di Reggio), medico presso l’unità di dermatologia dei Riuniti. Per lui l’accusa, rappresentata in aula dal procuratore aggiunto Gaetano Paci, ha chiesto quattro anni e sei mesi di carcere, mentre è di due anni e sei mesi la richiesta di pena avanzata per la dottoressa Falcomatà. Tre anni sono stati chiesti per per Domenico Mannino, Paolo Vazzana, Igino Postorino, Giuseppe Crisalli e Giuseppa Caserta, mentre è di due anni la condanna invocata per Antonino Bonura, accusato di favoreggiamento.
Stando all’impostazione accusatoria, Naccari «abusando della sua qualità e dei suoi poteri di assessore della giunta della Regione (e quindi di pubblico ufficiale) ed in particolare del potere politico derivante da tale incarico», avrebbe indotto «pubblici ufficiali e incaricati di pubblico servizio presso la giunta della Regione Calabria e presso l’Azienda ospedaliera Bianchi Melacrinò Morelli a dargli indebitamente l’utilità consistente nell’arbitraria facoltà di ingerirsi (in spregio alla normativa che regola le procedure di nomina) nella scelta dei membri della commissione d’esame che avrebbe giudicato il concorso pubblico». Secondo quanto emerso dalle indagini, l’ex assessore regionale dem avrebbe tentato di indirizzare la composizione della commissione esaminatrice che per legge deve gestire i concorsi interni all’ospedale. Da un lato dunque Naccari avrebbe esercitato pressioni perché fosse Giancarlo Valenti il commissario di nomina regionale, mentre avrebbe indotto i dirigenti dell’Azienda sanitaria Domenico Mannino e Paolo Vazzana, «a sensibilizzare in favore della Falcomatà il membro di nomina interna all’Azienda ospedaliera (individuato nella persona di Foti Giuseppe)», come pure a «falsare la procedura di sorteggio per la nomina del terzo membro (reato commesso in concorso con i commissari sorteggiatori e con la dirigenza dell’azienda ospedaliera) in modo che la scelta ricadesse sulla persona di Schirripa Vincenzo». Da qui le accuse nei confronti dei direttori sanitari Mannino e Vazzana, insieme ai commissari di gara Postorino, Crisalli e Caserta. Accuse sempre respinte al mittente tanto da Naccari come dalla moglie, che per altro – ha sostenuto durante il dibattimento – sarebbe stata al contrario pregiudicata dalla commissione nella valutazione di titoli ed esami.
A far partire l’indagine era stata l’ex primario facente funzioni Maria Carmela Arcidiaco, oggi in pensione, all’epoca aspirante al posto da dirigente messo a bando in un concorso diverso da quello a cui ha partecipato la collega Falcomatà. A sostegno delle sue accuse Arcidiaco aveva effettuato anche una serie di registrazioni ambientali poi consegnate agli investigatori.
a. c.
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