COSENZA «Nell’eseguire la seguente sentenza, il comune di Cosenza dovrà approvare le graduatorie dei concorsi illegittimamente revocati e procedere all’immissione in ruolo dei vincitori sulla base dei posti dirigenziali in organico disponibili». Con queste parole i giudici della sezione quinta del Consiglio di Stato mettono fine alla sequela di atti giuridici, sentenza e ricorsi presentate dagli undici “aspiranti” dirigenti comunali che dopo la selezione e tutto l’iter concorsuale speravano di entrare nella pianta organica di palazzo dei Bruzi. Annullata quindi la revoca della procedura concorsuale in autotutela che era stata firmata nel 2011 dal primo cittadino Mario Occhiuto. Uno dei primi atti del suo primo mandato fu quello di stoppare la procedura di concorso per quattro posti da dirigente amministrativo/finanziario e sette da dirigente tecnico indetto quando il primo cittadino era Salvatore Perugini.
Occhiuto, stando alla ricostruzione dei giudici del Consiglio di Stato, aveva revocato i concorsi dopo la formazione della graduatoria nella quale i ricorrenti si erano collocati in posizione utile, ma prima che la stessa fosse approvata.
La scelta era fatta per «revocare, rettificare, sospendere o prorogare» lo stesso (il concorso ndr) e in ragione dell’«interesse pubblico interesse, attuale e concreto, alla copertura dei posti di qualifica dirigenziale soltanto nei modi stabiliti dalla legge, ed al corretto assetto e al buon andamento dell’apparato amministrativo».
Il Tar aveva dato ragione al Comune di Cosenza ma non la pensa allo stesso modo il Consiglio di Stato che nelle ragioni di condanna si appella al principio del “tempus regis actum” ossia alla valutazione degli atti secondo la normativa vigente al momento del suo compimento.
Poi ci sono altre due considerazioni che oltre ai punti in diritto hanno spinto i ricorrenti a rivolgersi agli organi di giustizia amministrativa. Da primo le nomine fiduciarie dei dirigenti da parte del sindaco, potere che rientra nelle funzioni di primo cittadino ma che suscita non poca amarezza nei confronti di chi si vede scavalcato nonostante fosse vincitore di concorso. Poi la quiescenza dei dirigenti attualmente in carica, diversi dei quali pronti alla pensione. Oltre a tener in considerazione la graduatoria di quel concorso il comune di Cosenza è tenuto al risarcimento di 6mila euro per le doppie spese del grado di giudizio.
LA SODDISFAZIONE DEI RICORRENTI Si dichiarano ovviamente «soddisfatti» i dirigenti che avevano proposto il ricorso – Alessia Loise, Antonella Rino, Walter Bloise, Giuseppe Filice, Matilde Fittante e Annarita Pellicori, rappresentati dagli avvocati Mario Sanino, Innocenzo Militerni, Ornella Nucci, Valerio Zicaro, Marini –. «Siamo sempre stati fiduciosi nell’operato dei giudici di secondo grado». Ovviamente il percorso non è finito. Tutti ribadiscono in una nota che «ferma continuerà ad essere la propria azione affinché l’amministrazione comunale esegua quanto disposto in sentenza».
RENDE: «LA SENTENZA BOCCIA I POTENTATI» La consigliera comunale del Pd Bianca Rende è intervenuta per commentare la sentenza del consiglio di Stato, spiegando che «inquadra nella giusta prospettiva giuridica il potere dei sindaci. La vicenda insegna che bisogna andare sino in fondo nella difesa dei propri diritti, quando li si pensa calpestati, perché alla fine c’è sempre “un giudice a Berlino”. Adesso anche al comune di Cosenza – commenta –, per quanto riguarda i dirigenti da reclutare, la discrezionalità del sindaco viene ricondotta nei giusti limiti dello Stato di Diritto, “meritocratici” e rispettosi dell’art. 98 Cost.che pone “i pubblici impiegati al servizio esclusivo della Nazione” e non dei piccoli potentati di turno. Il diritto torna, grazie a decisioni come questa, ad essere un giusto faro. Peccato averlo scoperto con sette anni di ritardo e con nuovo danno per le finanze comunali».
Michele Presta
m.presta@corrierecal.it
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