LAMEZIA TERME La notizia, secca, è che lunedì prossimo, alle 18, tutti i quadri regionali del Pd sono attesi nella sede del partito, a Lamezia, per un incontro con il responsabile nazionale dell’organizzazione, Andrea Rossi, per discutere della «situazione politica». Ma nel Pd non c’è una notizia secca che non nasconda ragionamenti complessi e scontri tra correnti. E pure questa convocazione non fa eccezione.
QUALCOSA DI CUI PARLARE Intanto, a dispetto dei tanti che “tutto va ben, madama la marchesa” nel Pd c’è qualcosa di cui discutere. Per la verità non era chiaro soltanto a chi ha cercato di dipingere un partito compatto. Perché a Roma se ne sono convinti in fretta. Le ultime scelte della vecchia segreteria guidata da Ernesto Magorno hanno contribuito a balcanizzare il partito. È il momento che qualcuno vada a riferire direttamente a largo del Nazareno. Ai vertici nazionali non bastano più i resoconti calabresi. Il senso dell’arrivo di Rossi in Calabria è questo: il dirigente non avrà molto da dire a Lamezia, ma avrà moltissimo da ascoltare. E una consegna di base da sottoporre alla verifica dell’assemblea: da Roma chiedono che si viaggi, possibilmente in maniera spedita, verso il commissariamento. Altro che congresso convocato per il 13 maggio – come andavano ripetendo Magorno&co –, la via d’uscita dall’impasse (che qualcuno definisce disfatta) è una profonda rivoluzione. In altri tempi si sarebbero utilizzate metafore crude, come rottamazione o lanciafiamme; ora l’approccio è più soft ma il finale auspicato somiglia molto a un azzeramento. Il Corriere della Calabria lo aveva annunciato in tempi non sospetti, ora quell’anticipazione trova il conforto dei fatti.
QUANTI PD? E il messaggio romano è rafforzato dai modi della convocazione, della quale Magorno sarebbe stato informato solo per esserne un mero estensore. Un atto di sfiducia nei confronti di una gestione che i vertici dem hanno visto perdere, a mano a mano, il governo della situazione. Territori in rivolta, consiglieri regionali che esternano a briglia sciolta, trasversalismo latente: non c’è una cosa che vada per il verso giusto. È anche difficile dire quanti Pd ci siano in Calabria al momento: Rossi tenterà di capire anche questo.
LA TENUTA DELLA MAGGIORANZA Sullo sfondo c’è anche la questione della tenuta della maggioranza in consiglio regionale. Un fatto che non sembra preoccupare il governatore Oliverio. Lo ha spiegato giovedì a margine di una conferenza stampa: «Ci sono discussioni che sono fisiologiche, ci mancherebbe che di questi tempi non ci siano motivi di dissenso o di polemiche anche aspre, ma non bisogna drammatizzare. D’altronde, le maggioranze si verificano nei luoghi istituzionali, l’ho più volte detto senza per questo poter essere tacciato di arroganza. Sono abituato a stare con i piedi per terra e a guardare in faccia la realtà e non mi faccio certo intimidire da costruzioni a volte drammatizzate oltre misura, anche mediaticamente, rispetto alla reale dimensione dei problemi». Eppure l’autosospensione di Domenico Bevacqua, le questioni poste da Arturo Bova e l’ormai aperta opposizione di Carlo Guccione (che ha chiamato a raccolta altri pezzi del centrosinistra, e non solo, qualche giorno fa a Cosenza) preoccupano non poco la leadership dem. L’ultimo strappo si è consumato a Crotone, dove l’ex deputato Nicodemo Oliverio chiede la testa di Gino Murgi, il segretario provinciale che lui stesso aveva scelto due anni fa. Perché «in questi ultimi due anni l’assenza del partito è stata vistosa». Tutti contro tutti, in un gioco di correnti che a Roma considerano l’anticamera dell’evaporazione del partito. Forse questo Rossi non lo dirà, ma sarà dura convincerlo che il processo non sia già in atto. (ppp)
x
x