«Siamo una cooperativa di assistenza con decennale esperienza. Noi vi garantiamo una sicurezza per le vostre famiglie e una polizza assicurativa che vi consigliamo di non rifiutare. Ogni mese passeranno i nostri incaricati che si presenteranno nome del vostro santo protettore E che voi dovrete venire con un’offerta spontanea perché ogni offerta che non viene data con il cuore o che viene data in ritardo o peggio con l’infamia di Giuda, fa dolore al santo, ma più ancora al peccatore».
Questo messaggio, con disegnate anche delle decorazioni natalizie, è una richiesta di pizzo fatta lontano dalla Calabria. Siamo nella Germania dei tanti ristoratori calabresi emigrati e diventata nel tempo anche terreno fertile per la ‘ndrangheta. Ma soprattutto nel momento in cui questa lettera viene recapitata è passato qualche mese dalla strage di Duisburg e molti italiani si ritrovano a dover combattere contro stereotipi e pregiudizi poiché visti come “portatori di mafia”. A raccontare ciò che avvenne nel dicembre 2007 è un’inchiesta del Corriere della Sera (qui l’articolo) che torna ad occuparsi dell’asse criminale Calabria-Germania. Nel periodo natalizio circa 50 ristoratori furono destinatari di richieste di pizzo da parte delle criminalità organizzata. Nel frattempo, come riporta il Corriere, si susseguivano numerosi episodi di intimidazione e molti ristoranti vennero incendiati. Immediata fu la risposta dei commercianti. Grazie al supporto dell’associazione “Mafia nien danke” e con l’aiuto della polizia, le denunce dei diretti interessati portarono nel giro di poche settimane all’individuazione dei responsabili: due camorristi che finirono subito in manette.
Da quel momento gli inquirenti tedeschi hanno continuato a lavorare e investigare sul racket legato in modo indissolubile agli investimenti della criminalità organizzata in Germania. Attività, questa, che è emersa anche dall’inchiesta Stige dello scorso gennaio. «Abbiamo arrestato 13 ‘ndranghetisti in diverse aree della Germania. Questo – ha spiegato il procuratore capo della Dda di Catanzaro, Nicola Gratteri (nella foto) – ha permesso di accertare che lì c’è una presenza sistematica della ‘ndrangheta».
«Abbiamo anche appurato che – prosegue Gratteri – le estorsioni avvenivano attraverso l’imposizione dei prodotti come il vino di Cirò. È lo stesso modus operandi della ‘ndrangheta in Calabria».
E se da una parte c’è la soddisfazione del procuratore capo dell’antimafia di Catanzaro, dall’altra, come racconta l’inchiesta, c’è la polemica del presidente di “Mafia nein danke” che pone l’accento sulla carenza legislativa tedesca in materia di criminalità organizzata: «Con Stige molti pentiti hanno parlato della situazione tedesca. Ma il problema – evidenzia Sandro Mattioli – è che qui in Germania non abbiamo leggi per contrastare le organizzazioni criminali e tanto meno abbiamo il reato di associazione mafiosa. L’input non può arrivare sempre dall’Italia. I magistrati italiani non possono fare il nostro lavoro. È necessario cambiare la situazione anche qui».
ade. pa.
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