CATANZARO Emanuele Mancuso, trentenne esponente dell’omonima famiglia di ‘ndrangheta di Limbadi, figlio del boss Pantaleone Mancuso (detto l’Ingegnere) e nipote di esponenti di alto rango della cosca starebbe collaborando con i magistrati. A rendere nota l’indiscrezione “Gazzetta del sud” che nell’edizione di questa mattina anticipa che l’uomo sarebbe già stato trasferito a Rebibbia, nella sezione collaboratori, dove da giorni avrebbe iniziato a rendere dichiarazioni. Se la notizia fosse confermata, sarebbe un duro colpo per il clan Mancuso, che mai ha avuto un pentito fra i suoi ranghi. Arrestato nell’operazione “Nemea”, assieme a esponenti della ‘ndrina Soriano di Filandari, il giovane Mancuso era stato ascoltato dagli investigatori lamentarsi non poco dei parenti e in particolare degli “zii grandi”. «Loro – dice al boss Leone Soriano – si abbuffavano di soldi e noi, al matrimonio degli zii non ci hanno invitato a nessuno. Solo lo zio Luigi ci invita, ma lo sai perché? Perché noi ormai questo gioco lo abbiamo capito tutti… quel lato della famiglia là ci tiene buoni buoni per “allisciarci” per non armare guerre, ma fondamentalmente non ci possono vedere a noi dal lato dello zio Peppe (‘Mbrogghia ndr), e questa è la storia…». Un risentimento che forse potrebbe sciogliere la lingua al giovane boss, ma che d’altra parte impone a inquirenti e investigatori indagini rigorose per riscontrare le dichiarazioni di Mancuso jr. Personaggio esuberante, divenuto noto anche per le arrabbiate telefonate con cui ha tempestato le redazioni per giornali locali per contestare questo o quell’articolo sulla sua famiglia, Mancuso è comunque uno che sa – e molto – degli affari del clan. Per questo, la sua collaborazione potrebbe essere devastante per la potentissima, numerosa e litigiosa famiglia di Limbadi.
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