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I fondi bloccati mentre la Calabria franava

L’inchiesta di Castrovillari: «Interventi partiti con 5 anni di ritardo. Otto milioni fermi, inerzia del commissario Percolla». L’inutile sistema dei controlli. «Per contratto i sorveglianti idraul…

Pubblicato il: 07/07/2018 – 8:04
I fondi bloccati mentre la Calabria franava

COSENZA Un esempio perfetto di caos e inerzia istituzionale. Tra normative, contratti paradossali e interventi fermi al palo, la Regione non ha fatto mancare – nel corso degli anni – il proprio contributo al disastro idrogeologico di Corigliano e Rossano sul quale si è posato lo sguardo della Procura di Castrovillari (qui il pezzo sull’inchiesta della Procura e qui ulteriori dettagli).
FONDI BLOCCATI PER 5 ANNI Il modo migliore per spiegarlo è partire da una tabella, quella degli interventi previsti nell’area. La cui realizzazione – commentano i magistrati – «avrebbe risolto buona parte delle criticità». C’erano soldi, e molti, che avrebbero evitato i rischi corsi da decine di migliaia di persone: 8,2 milioni di euro spalmati su cinque cantieri. Tutti fermi, o quasi. Il decreto che ha portato ai sequestri penali di venerdì è molto chiaro: «Tra le principali cause dei danni prodotti dall’evento calamitoso del 12 agosto 2015 non può non essere annoverata infine la mancata attuazione di interventi strutturali programmati di riduzione del rischio idrogeologico». Il riferimento all’Accordo di programma quadro siglato tra il ministero dell’Ambiente e la Regione Calabria il 25 novembre 2010. Più di un’era politica fa.

Sono da individuare in quella fase le responsabilità dello stallo, «in capo a chi aveva la podestà delle funzioni di attuazione degli interventi».
Nella prima fase il commissario straordinario per la Regione Calabria, nominato il 25 gennaio 2011, è Domenico Percolla. Il compito di mitigare il rischio idrogeologico è nelle sue mani. L’idea è quella di accelerare la realizzazione dei lavori. Percolla, che non è indagato, resta in carica fino al 31 luglio 2014 ma «in poco più di due anni e mezzo di mandato» riesca ad avviare «solo 5 interventi di riduzione del rischio idrogeologico sui complessivi 185 previsti». Il suo posto viene preso da Maurizio Croce, che in otto mesi avvia circa 30 interventi. Poi saluta, il 9 marzo 2015, per lasciare il posto a Carmelo Gallo, tutt’ora in carica. Ed è con la gestione dell’ingegnere rendese che i cantieri accelerano. O, per lo meno, partono: 137 su 185 sono operativi nei primi cinque mesi del mandato (cioè fino al giorno dell’alluvione). Tra questi, figurano anche lavori per circa 4 milioni di euro nei territori comunali di Rossano e Corigliano nelle zone San Mauro e Malfrancato. La chiosa è durissima: «Non si può non rilevare una evidente inerzia da parte del commissario Percolla nell’avvio degli interventi che, in riferimento all’area in questione, se fossero stati realizzati, avrebbero certamente ridotto l’entità dei danni» provocati dall’alluvione.
UN SISTEMA INUTILE Fin qui l’inerzia, il resto (purtroppo) è caos e paradossi. Che iniziano con la delibera di giunta regionale numero 602 del 2010. L’atto «ha generati elementi di confusione normativa nell’attribuzione delle competenze istituzionali». Il termine della lunga catena di comando che si attiva in caso d’emergenza sono gli “Uffici territoriali del Presidio” sotto il controllo dell’Afor (nel 2010 Calabria Verde ancora non c’era). Hanno la funzione di curare il monitoraggio e la sorveglianza del reticolo idrografico dei vari corsi d’acqua; sono il “braccio operativo” di una struttura di coordinamento che parte dalla Regione. Tra gli altri, hanno il compito di intervenite per il cosiddetto “servizio di piena”, cioè durante e dopo un evento alluvionale. Il 24 novembre 2010, l’Afor assume a tempo determinato il personale dedicato all’attività di monitoraggio della rete idrografica regionale. Tre mesi dopo, però, trasmette «un progetto di start up che chiarisce le attività del servizio di monitoraggio del reticolo idrografico: contraddicendo le finalità dell’Afor sopra esposte, in questo progetto, paradossalmente, tali attività non comprendono né il servizio di vigilanza né il servizio di piena». In sostanza, i gruppi ideati per controllare firmano contratti in base ai quali viene loro consentito di non monitorare nulla. Al personale assunto dall’Afor e poi assorbito da Calabria Verde «viene applicato il contratto idraulico forestale (parte operaia) che prevede la cassa integrazione in caso di avverse condizioni meteorologiche». Quanto piove, le “sentinelle” delle alluvioni possono restare a casa. Come se non bastasse, tra gli assunti (la maggior parte arriva dal bacino degli interinali di “Why not”) nessuno ha le mansioni di “ufficiale e/o sorvegliante idraulico”. Si tratta di “operai qualificati” senza potere sanzionatorio (in caso di illeciti): possono soltanto compilare schede e offrire funzioni di supporto. Terza falla del sistema: la «carenza di fondi disponibili», l’«assenza di attrezzature, dispositivi di protezione e di mezzi di trasporto idonei per raggiungere i luoghi da ispezionare».
Una grande impalcatura, dunque, ma sostanzialmente inutile. E non soltanto a Corigliano e Rossano ma in tutta la Calabria.

Pablo Petrasso
p.petrasso@corrierecal.it

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