CATANZARO Il gip di Catanzaro; Barbara Saccà, ha emesso ordinanza di custodia cautelare nei confronti di nove persone implicate nell’operazione “Via col vento” della Dda di Reggio Calabria che ha messo in luce l’ingerenza delle cosche nell’eolico. Per competenza territoriale, essendo coinvolte persone appartenenti a diverse province calabresi, i fascicoli con le posizioni degli indagati sono state inviate ai tribunali competenti. Per quanto riguarda Catanzaro, il gip ha abbracciato le tesi del collega reggino. In carcere restano Rocco Anello, Giuseppe Errico, Pantaleone Mancuso, alias “Luni Scarpuni”, Giovanni Trapasso, Romeo Ilelapi. Sono ai domiciliari Riccardo Di Palma, Giovanni Giardino, Mario Fuoco e Mario Scognamiglio.
L’INCHIESTA La Dda di Reggio Calabria, guidata da Giovanni Bombardieri, ha scoperto che in quattro province su cinque – Reggio Calabria, Catanzaro, Crotone e Vibo Valentia – i clan Paviglianiti di San Lorenzo, nel reggino, Mancuso di Limbadi e Anello di Filadelfia, entrambi nel vibonese, e Trapasso di Cutro, nel crotonese, abbiano di fatto gestito la costruzione dei parchi eolici. Un’ingerenza resa possibile grazie alla connivenza di amministratori e imprenditori. L’inchiesta è stata coordinata da un pool di magistrati: il procuratore aggiunto Giuseppe Lombardo e i pm Antonio De Bernardo (oggi a Catanzaro), Giovanni Calamita e Antonella Crisafulli.
I carabinieri hanno dato inizio all’inchiesta nel 2012. E’ venuto fuori che ogni settore legato all’eolico era controllato dai clan dagli hotel al trasporto materiali, dal montaggio delle turbine alla costruzione di strade, dalle forniture alla vigilanza sui cantieri. Quando non poteva gestire direttamente, la criminalità guadagnava subappalti. Senza contare le estorsioni imposte attraverso il sistema delle sovrafatturazioni e dei pagamenti di indennità. E i colossi dell’energia si piegavano.
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