LAMEZIA TERME Il dossier è di oltre cento pagine, molte delle quali dedicate ai mutamenti in atto negli scenari geopolitici mondiali. La situazione in Africa, il caso Libia, il crocevia dei Balcani, il «dinamismo» di Cina e Russia, i tumulti dell’America Latina. Il punto di vista è quello di chi è chiamato a garantire la «sicurezza» interna, quindi si approfondiscono anche i pericoli connessi al terrorismo jihadista, al ritorno dei foreign fighters, alla «minaccia cibernetica». Inevitabilmente, dunque, c’è una visione globale al centro della “Relazione sulla politica dell’informazione per la sicurezza” per il 2018 realizzata dall’Intelligence italiana. Il documento deve essere presentato al Parlamento ogni anno entro febbraio e proprio un paio di giorni fa il presidente del Consiglio Giuseppe Conte ne ha sintetizzato i contenuti in Galleria Colonna assieme al direttore generale del Dis (Dipartimento delle informazioni per la sicurezza) Gennaro Vecchione. Ma è la lettura del dossier integrale a fornire uno sguardo privilegiato anche sull’evoluzione economico-finanziaria della ‘ndrangheta e delle sue articolazioni.
PARADISI FISCALI E PROFESSIONISTI COMPIACENTI Essendo globali gli interessi delle mafie nostrane, un capitolo del lungo dossier degli 007 italiani non poteva non essere dedicato alle «economie illegali» e agli «affari del crimine organizzato».
I reati su cui si passa la lente dell’Intelligence sono in questo caso quelli che riguardano l’occultamento di denaro in danno dell’erario e la movimentazione e il reinvestimento di capitali di provenienza illecita. «Si tratta di dinamiche – scrivono gli 007 italiani – che non di rado hanno fatto emergere il ricorso all’intermediazione di studi professionali compiacenti che, anche attraverso proprie branch e fiduciarie ubicate in paradisi fiscali, agiscono come snodo tra circuiti legali ed illegali, fungendo altresì da “schermo” rispetto alla effettiva titolarità di disponibilità finanziarie sospette».
APPALTI PUBBLICI E CORRUZIONE Le mafie italiane, in particolare ‘ndrangheta e Cosa nostra nonché «alcune agguerrite e strutturate espressioni della criminalità organizzata campana e pugliese», detengono senza dubbio il primato per «capacità d’inquinamento del tessuto economico-produttivo nazionale». Nonostante le attività di contrasto e l’arresto di molti leader storici, infatti, «hanno mostrato capacità di proiezione in business ad alta redditività, in Italia e all’estero, ove dispongono di stabili articolazioni operative». L’ingerenza della criminalità organizzata nelle attività economiche si manifesta in più fasi e contesti: «Finanzia le imprese in difficoltà, determinandone la “fidelizzazione” o assumendone il controllo; disincentiva, di fatto, gli investimenti privati (nazionali ed esteri); alimenta – avvalendosi di ramificati network relazionali – fenomeni di corruzione e collusione nei processi decisionali pubblici per condizionarne gli esiti, soprattutto in relazione all’aggiudicazione di appalti per la realizzazione di opere pubbliche, nonché al rilascio di concessioni/autorizzazioni amministrative per la gestione di servizi pubblici o di pubblica utilità».
IL BUSINESS RIFIUTI NEL CENTRO-NORD Quello dello smaltimento dei rifiuti si conferma uno dei «settori d’elezione» della mafie, un business in cui «è stato rilevato il persistente attivismo di circuiti affaristico-criminali – riferibili a cosche locali – interessati a controllare interi segmenti del ciclo dei rifiuti, anche attraverso iniziative corruttive volte ad ostacolare o influenzare le attività di imprenditori concorrenti». Ed è proprio in questo contesto che la ‘ndrangheta spadroneggia, e non solo in Calabria: «Sono emersi all’attenzione – si legge nella relazione annuale dei servizi segreti – pratiche di illecita raccolta e smaltimento di rifiuti speciali ad opera di elementi contigui alla ‘ndrangheta, anche nelle zone di proiezione del Centro-Nord Italia, nonché casi di corruzione di funzionari pubblici a favore di società affidatarie del servizio di raccolta riconducibili ai clan».
LA NUOVA FRONTIERA DEL RICICLAGGIO Nuovi tentativi di «penetrazione criminale», ovviamente con finalità di riciclaggio, sono stati poi registrati con riguardo al gioco lecito, caratterizzato da «aree di opacità per quel che attiene sia alla riferibilità delle società di gestione sia all’ammontare dei flussi movimentati». L’azione dell’Intelligence in questo settore «ha posto in luce» la sussistenza di frizioni tra i clan talvolta sfociate in azioni violente, «legate al controllo di sale da gioco o di agenzie di scommesse sportive con sede in territori assoggettati all’influenza criminale».
GRANDE DISTRIBUZIONE E ORTOFRUTTA Nel corso dell’anno non sono mancate indicazioni relative a «ingerenze mafiose nel settore della grande distribuzione, ove i vantaggi per le consorterie criminali sono connessi non solo alle opportunità di riciclaggio, ma anche alla possibilità di imporre imprese di riferimento per la fornitura di beni e servizi o per l’assunzione di lavoratori, secondo consolidate dinamiche utili a procurare benefici alle cosche anche in termini di “consenso sociale”».
C’è poi il settore ortofrutticolo, «tuttora appetibile ambito di intervento per le organizzazioni malavitose sia nelle aree di matrice sia nelle regioni di proiezione». In questo contesto, l’azione criminale «tende ad acquisire spazi di agibilità lungo l’intera filiera, dalla produzione e commercializzazione delle merci al loro trasporto su gomma, privilegiando i soggetti economici riconducibili o vicini alle stesse organizzazioni mafiose».
«L’EPICENTRO» DEL NARCOTRAFFICO Il core business, in particolare per i clan calabresi, resta sempre quello del narcotraffico: «In continuità con un trend emerso negli ultimi anni, l’azione informativa – si legge nella relazione dei Servizi – ha posto in luce assidue interlocuzioni tra consorterie di diversa estrazione, anche con il coinvolgimento di espressioni criminali straniere, volte a definire comuni strategie di sviluppo e di “pacifica” coesistenza sui mercati criminali». Il traffico di droga resta insomma «il comune denominatore degli interessi delle organizzazioni mafiose», ma per gli 007 italiani «l’epicentro del “sistema” del narcotraffico si conferma senza dubbio la criminalità organizzata calabrese, forte di un know-how ultradecennale e di un network relazionale ed operativo con proiezioni anche nel Centro-Nord Italia e all’estero». Non è un caso, si legge ancora nella relazione, che «Cosa nostra e camorra si siano talora avvalse dell’expertise della ‘ndrangheta realizzando partnership con esponenti di clan calabresi, anche al fine di sfruttare i consolidati canali di approvvigionamento dello stupefacente dall’America latina».
Sergio Pelaia
s.pelaia@corrierecal.it
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