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PASSEPARTOUT | È partita da Napoli l’ultima bufera giudiziaria sulla Regione

L’inchiesta della Procura di Catanzaro inizia da un’intercettazione captata il giorno dopo le Regionali 2014. Il lavoro di tre uffici giudiziari e l’ossessione per le assunzioni evidenziata nella r…

Pubblicato il: 12/05/2019 – 12:20
PASSEPARTOUT | È partita da Napoli l’ultima bufera giudiziaria sulla Regione

di Pablo Petrasso
CATANZARO L’inchiesta in cui la Procura di Catanzaro ipotizza l’esistenza di una “cricca” che avrebbe manovrato i più importanti appalti della Regione nasce con le elezioni del 23 novembre 2014. E comincia a Napoli. È lì che gli inquirenti captano la telefonata che dà il via all’attività investigativa. Due uomini commentano il risultato elettorale all’indomani della vittoria di Mario Oliverio. E dicono che «si devono parlare subito questi amici pè ‘sta storia delle regioni meridionali, eh? Si devono subito parlare», perché «oggi c’è il terreno idoneo per parlare». Uno dei due è Giovanni Santilli, giornalista con importanti incarichi nell’orbita governativa. I magistrati catanzaresi – che non indagano su Santilli – li appuntano nella richiesta di misure cautelari: «Già segretario particolare del sottosegretario di Stato alla Presidenza del consiglio dei ministri (1998-2000) e del sottosegretario di Stato alla Difesa (2000-2001), ex consigliere politico del viceministro dell’Interno». Santilli è anche «vicesegretario generale della Fondazione Icsa (Intelligence culture and strategic analysis)», fondata tra gli altri da Francesco Cossiga e Marco Minniti, «un ente di diritto privato, operativo come centro di analisi e di elaborazione culturale che intende trattare in modo innovativo i temi della sicurezza, della difesa e dell’intelligence». Il curriculum di Santilli dà spessore alle sue frasi. Subito dopo le elezioni «ribadisce che bisogna parlare subito e per questo ha inviato anche un “messaggino” a “Mario” (Mario Oliverio, nuovo governatore della Calabria), in virtù dei loro “antichi rapporti, diciamo di amicizia”». Ma c’è di più, nel ragionamento che segna l’inizio dell’inchiesta “Passepartout”. Santilli, infatti, «riferisce in merito alla sussistenza di un “gruppo” di potere riconducibile a Nicola Adamo e alla moglie Vincenza Bruno Bossio (mai indagata nel procedimento penale, ndr) i quali, secondo lo stesso Santilli, rappresentano due personaggi molto influenti nelle scelte politiche in Calabria (“sono due fondamentali, là, nelle scelte”)».
L’indagine parte da queste frasi e da intercettazioni sulle quali lavorano tre Procure (Napoli, Catanzaro e Reggio Calabria), impegnate a registrare inizialmente le conversazioni di 16 persone. Sono politici, imprenditori, dirigenti pubblici, “facilitatori” che «nei rispettivi ruoli, si muovono nell’interesse comune di orientare, in proprio favore, tutte le attività connesse alla realizzazione di opere pubbliche in ambito regionale, dunque, attraverso la selezione arbitraria delle opere da appaltare, le ingerenze sul merito delle procedure di gara, l’individuazione di persone da nominare in posti amministrativi strategici, la pre-definizione delle imprese aggiudicatarie degli studi e dei lavori». Il giudice per le indagini preliminari, pur censurando metodi e comportamenti evidenziati dall’inchiesta, ha ridimensionato il quadro accusatorio della Procura. Che individua in Adamo il politico (seppure privo di un ruolo pubblico) capace di condizionare scelte e indirizzi dell’allora neonata giunta regionale. In effetti, i colloqui riportati nella richiesta di misure cautelari mostrano un lavorio continuo da parte dell’ex vicepresidente dell’esecutivo regionale nell’era Loiero. Telefonate, messaggi, suggerimenti. Il pallino di Adamo sono gli incarichi. Dopo il successo elettorale di fine 2014 si interessa praticamente di tutto. Dei collaboratori da piazzare nelle strutture dei consiglieri regionali vicini alla sua area politica, degli incarichi affidati dall’Ufficio di Presidenza di Palazzo Campanella (all’epoca il presidente era Antonio Scalzo), della possibilità di affidare a un suo strettissimo collaboratore il ruolo di responsabile amministrativo di Calabria Verde (che, così, «guadagnerebbe il quadruplo». Nel gennaio 2015 le linee telefoniche sono roventi. Adamo si arrabbia perché «non sa come deve comportarsi» con Scalzo, che sembra non rispondere alle sue richieste (e riceve rassicurazioni). Chiede a un manager della Regione di poter vedere «in modo riservato (riportano gli inquirenti, ndr)» gli organigrammi di due dipartimenti, anticipa le nomine alle presidenze delle commissioni del Consiglio. Dalle conversazioni telefoniche «emergono ulteriori elementi a conferma dell’interessamento e dell’influenza di Adamo nelle nomine politiche e, più in generale, nelle assunzioni nella Regione Calabria». Un potentissimo consulente che resta dietro le quinte. E prova a esercitare la propria influenza anche a livello nazionale. Per la Procura, infatti, Adamo mostra un «diretto interessamento per il ministero per il Sud, quale articolazione della Presidenza del Consiglio». Il suo obiettivo sarebbe «fare in modo che, nell’ambito di tale ministero, venga assegnato un incarico alla moglie Enza Bruno Bossio con la possibilità di gestire direttamente fondi europei». Adamo spiega che si tratta di una sua iniziativa e, parlando con un ex deputato, «affronta in modo più concreto il proprio interesse, affermando la necessità di gestire “i fondi europei e l’influenza politica che ne deriverebbe”, così da riferire testualmente: “Ci prendiamo tutto… dal punto di vista del consenso politico”». (p.petrasso@corrierecal.it)

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